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Se i finanziamenti europei possono trasformarsi in boomerang

Ecco una nuova e prevedibile impennata della pandemia, e gli italiani sono preoccupati sicuramente per la salute e per le pieghe negative che va prendendo l’economia e l’occupazione; per la perdita delle certezze che tutto sommato si sono avute negli ultimi decenni. Ma non è un bene per  il paese che ogni cittadino, in tempi così decisivi per i prossimi trent’anni  per le sorti dell’Italia, non sia coinvolto in nessun modo nelle decisioni e nella informazione, se non attraverso striminziti e spesso incomprensibili spot televisivi e rumorosi e fuorvianti talk show.

Insomma potremo disporre di una somma enorme in miliardi di Euro che grazie agli aiuti europei avremo in buona parte a fondo perduto e tanta altra parte ad interessi pressoché inesistenti, ma di programmi precisi e definiti per dare loro gambe solide e veloci non se ne vedono. Si continua a ripetere che gli investimenti riguarderanno soprattutto la bonifica dell’ambiente attraverso la transizione: dall’utilizzo di energia fossile per le produzioni industriali, per le abitazioni, e per i trasporti, alla energia rinnovabile. Ma oltre la pur importante scelta del ‘super eco bonus’ che comunque è ancora oggi piena di interrogativi non chiariti, di altro ancora non si ha cognizione.

Imprese e lavoratori sono molto preoccupati dalle tante incertezze assommate alle tante altre non risolte dalle crisi di altri tempi, ed è persino inutile sottolineare quanto questo incida sull’umore degli italiani. Sono convinto che non è ragionevole trascurare l’informazione dei cittadini e il loro coinvolgimento nelle scelte e programmazioni degli investimenti; ne va del clima favorevole necessario che dovrà accompagnare un processo di grande cambiamento culturale e di proposizioni che dovrà scuotere finalmente la società italiana.

Senza questa insostituibile forza che deve emergere dai ceti popolari, sarà difficile poter contare su quel elemento di deterrenza che scoraggia scelte poco virtuose, quella forza d’animo di cui si ha bisogno per affrontare importanti sfide, quella coesione sociale che da la direzione ad una Nazione impegnata da grandi vicissitudini. La situazione dell’Italia, lo abbiamo detto più volte, è la peggiore tra i paesi OCSE, ed ultimamente alle ferite non curate della crisi iniziata nel 2008, si sono aggiunte altre tanto gravi di quelle provocate dal Covid 19.

Dunque c’è il bisogno di un moto unanime popolare animato dalla volontà di unità e di stimolo alla partecipazione, ma sinora si è assistito a comportamenti contrari a tutto questo. Avremo a disposizione 400 miliardi di Euro; una somma per dimensioni superiore in rapporto ai tempi, di gran lunga superiore a quelli di cui disponemmo nel dopoguerra con il ‘piano Marshall’, e tuttavia senza un clima nuovo e con orientamenti nuovi, come ci fu in quell’epoca, queste risorse possono persino diventare un boomerang.

Ed intanto dopo i tanti bonus di questi mesi distribuiti a pioggia nei settori più disparati e non strategici, il governo ripristina il criterio di abbattere i contributi per favorire l’assunzione stabile dei giovani e forse anche delle donne. Come se la stabilità del lavoro invece non venisse da buone aziende favorite da  meno tasse, e dai fattori di sistema, oggi tutti inceppati proprio in mancanza di modifiche di funzionamento dei gangli vitali utili alle produzioni ed all’economia.

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