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La “fiducia digitale” nella disciplina dei contratti pubblici

La nuova disciplina codicistica ha conferito centralità alla parte dedicata ai principi, recependo l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui l’aspetto più significativo di un codice “è la sua aspirazione ad essere un sistema”; “il sistema consente di spostare l’attenzione sui principi, che rendono possibile la comprensione delle singole parti connettendole al tutto e che, finalmente, rendono intellegibile il disegno armonico, organico ed unitario sotteso rispetto alla frammentarietà delle parti”. Tra i principi introdotti dal codice dei contratti pubblici, la stella polare è rappresentata dal principio del risultato. L’art. 1 del Dlgs. n. 36 2023 afferma che: “le Stazioni appaltanti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”. Il principio del risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione costituisce una declinazione in chiave moderna del canone costituzionale del buon andamento. Infatti, il fine dell’amministrazione è la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse collettivo.

La digitalizzazione svolge un ruolo fondamentale, assicurando la verificabilità dell’attività amministrativa. In particolare, la Parte II del Codice è dedicata alla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti. Fra gli obiettivi del PNRR primeggia quello di “definire le modalità per digitalizzare le procedure per tutti gli appalti pubblici e le concessioni e definire i requisiti di interoperabilità e interconnettività”. La trasformazione digitale dell’intero ciclo dei contratti pubblici risponde all’esigenza di ridurre i tempi relativi alle procedure di gara, garantendo il rispetto dei termini per la stipula dei contratti e l’esecuzione dell’opera o della fornitura.

A livello europeo tra i corollari del diritto a una buona amministrazione si annovera la pretesa di ogni persona ai tempi ragionevoli su ogni questione che la riguardi. Ciò si articola, nell’ambito della correlazione tra riduzione dei tempi e digitalizzazione, nella previsione di molteplici iniziative, prima tra tutte l’Agenda digitale europea. La digitalizzazione end–to–end del processo di acquisto delle amministrazioni, attraverso la semplificazione delle procedure dei contratti pubblici, insieme ad un ecosistema integrato di piattaforme digitali, consente il risparmio di tempi e costi e “favorisce la partecipazione di nuovi operatori economici alle procedure di appalto”. L’interconnessione tra le banche dati permette di svolgere con efficacia e rapidità anche la fase di qualificazione degli operatori economici. In tal modo è possibile svolgere in tempo reale la verifica dei requisiti delle imprese in attuazione del principio di once–only, richiedendo all’operatore economico la qualificazione una tantum, senza doverla produrre in ogni singola gara.

La digitalizzazione rappresenta un valido presidio contro condotte di tipo corruttivo, in un settore, quello delle commesse pubbliche, molto vulnerabile rispetto al rischio di fenomeni di illegalità. Tra le conseguenze migliorative della digitalizzazione vi è la garanzia di portare a completamento l’attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento, partendo dall’assunto che la macchina, a differenza dell’uomo, non può farsi corrompere. Infatti, l’automatizzazione implica la spersonalizzazione delle scelte e azzera i rischi di interferenze personali e comportamenti impropri del funzionario, costituendo in tal modo un presidio di legalità. L’assunto sotteso a tali considerazioni è che il funzionario, in quanto umano, può commettere errori; l’algoritmo difficilmente potrebbe sbagliare. In questo senso, con la digitalizzazione si tende a realizzare procedure perfette e come tali inattaccabili. Ovviamente, questo modello è in grado di funzionare bene se, a monte, l’architettura alla base dell’algoritmo sia stata correttamente elaborata, partendo sempre dall’assunto che la tecnologia deve assumere un ruolo servente al fine di ottimizzare i processi decisionali in termini di efficienza ed efficacia e non potrà mai compromettere la qualità dei diritti degli operatori economici e degli utenti. La nuova disciplina si muove in sintonia con il processo digitale dell’Unione che mira a rafforzare i diritti digitali delle persone attraverso una regolamentazione a livello europeo.

Invero, il nuovo codice non si ferma alla digitalizzazione ma introduce un modello profondamente innovativo per l’ordinamento italiano sui principi che regolano le procedure automatizzate. Infatti, per la prima volta, e solo nel settore dei contratti pubblici, vengono individuati a livello normativo i criteri da rispettare in caso di utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale. La relazione di accompagnamento al codice precisa che tale disciplina è volta alla regolazione di scenari futuri in quanto allo stato, nell’ambito delle procedure di gara sono utilizzati per lo più algoritmi di non apprendimento che servono “per il confronto di alcuni parametri caratterizzanti le offerte e conoscibili”.

Tuttavia, la disponibilità di grandi quantità di dati potrà consentire l’addestramento di algoritmi di apprendimento da applicare alle procedure di gare più complesse. Per tali ragioni si è reputato opportuno inserire una disciplina generale di principi destinati a governare tale utilizzo, anche alla luce degli orientamenti espressi in materia dal diritto dell’Unione europea e della giurisprudenza amministrativa. Sicché, la disposizione novellata prevede, nell’impianto della contrattualistica pubblica, l’utilizzo delle tecniche algoritmiche e di intelligenza artificiale. In particolare, si specifica che il processo decisionale non va lasciato unicamente alla regolazione della macchina e che la decisione assunta a seguito di un processo automatizzato deve sempre e comunque considerarsi imputabile alla stazione appaltante.

La digitalizzazione e l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale vengono abbinati alla crescente responsabilizzazione delle amministrazioni pubbliche; la responsabilità, a sua volta, va riannodata al principio di fiducia. Il richiamo alla fiducia diviene centrale nell’ottica di valorizzare il raggiungimento del risultato come elemento da valutare a favore del pubblico dipendente, per contrastare la c.d. paura della firma e premiare il funzionario che raggiunge il risultato, nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento. Come ha sottolineato anche la Corte costituzionale in una decisione del 2022, la n. 8, “paura della firma” e “burocrazia difensiva” rappresentano una fonte di inefficienza e immobilismo e, dunque, un fardello che ostacola il rilancio economico della Nazione. D’altra parte, la fiducia (anche digitale) è un concetto relazionale che non interessa solo il funzionario pubblico ma anche l’operatore economico e costituisce la fonte ispiratrice di molti istituti previsti dal codice, dal soccorso istruttorio al c.d. self – cleaning.

La saldatura tra principio del risultato e fiducia definisce un quadro di regole in cui solo una “stazione appaltante che si veda riconosciuta dal sistema la fiducia necessaria, senza ombre di pregiudiziali sospetti”, potrà essere messa in condizione di attuare il buon andamento.  Va da sé che la concreta attuazione della riforma, nel solco del buon andamento per realizzare le opere pubbliche e fornire i servizi presto e bene, richiede la riqualificazione del personale amministrativo ed esige un cambiamento organizzativo che superi il digital divide per giungere alla completa digitalizzazione della PA.

Perché come spiega la Relazione illustrativa la fiducia non è “un assioma fideistico dato per scontato”, ma un concetto che deve trovare legittimazione in un “diritto amministrativo praticato”. Invero, la ragione principale che ha indotto il legislatore del 2023 a incentrare il nuovo impianto codicistico sui principi del risultato, della fiducia e della digitalizzazione (che significa anche qualificare e ridurre nel numero le stazioni appaltanti) è da ricercarsi nella crisi che, nell’ultimo decennio, ha toccato il settore dei contratti pubblici. Una inversione di tendenza dei nuovi parametri normativi che intendono restituire uno spazio di discrezionalità alle stazioni appaltanti, in modo da incoraggiare un’azione amministrativa protesa ad efficienza e produttività.

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