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Europa America, si cambia?

Ha fatto rumore nel mondo e presso le cancellerie dei vari paesi l’incontro del G7 che ha riunito le democrazie occidentali, Italia compresa. La motivazione principale del summit ha riguardato le linee strategiche per affrontare i nodi ancora non sciolti relativi alla pandemia, ma poi, con evidenza, si è capito che Joe Biden lo ha voluto fortemente per riaggiustare i legami soprattutto con gli europei assai logorati dalla politica di Donald Trump per allestire un vero e proprio blocco anti-cinese delle potenze occidentali: quasi una riedizione dell’alleanza anti-URSS degli anni Cinquanta.

Intanto è positivo l’impegno approvato da tutti i partners di donare ai paesi poveri un miliardo di vaccini; per spegnere ogni focolaio di infezione in ogni angolo della Terra, in modo da non far correre altri ulteriori rischi sanitari, economici e sociali a tutta l’umanità, e per riprendere il ruolo di guida non solo economico-militare ma anche sul campo umanitario, decisivo per saldare rapporti economici e politici. Su questi propositi, si sapeva, ogni intento avrebbe potuto contare su basi solide di sintonia con gli europei; ma l’altra questione, quella cinese, non poteva che essere più spinosa. Gli europei si può dire che sono guardinghi e divisi sul rapporto da avere con la Repubblica Popolare Cinese, ma sono ancora lontani dalla determinazione di Biden.

Molti anni sono passati dal viaggio dell’allora presidente Nixon in Cina nel 1972, che iniziò una crescente e poi intensa collaborazione: i cinesi miravano ad uscire dall’isolamento e dall’arretratezza attraverso lo sviluppo industriale, gli americani cercavano di indebolire il loro sodalizio con l’Unione Sovietica (ora è in atto la stessa dinamica a ruoli rovesciati) ed a utilizzarli come  propria area privilegiata di produzione industriale, ma conservando progettazioni e linee finanziarie.

Ma come si sa, l’impero orientale ben presto ha imparato a progettare autonomamente ed a produrre peraltro accumulando enormi riserve finanziarie che ora sono usate per fare concorrenza industriale e commerciale a danno degli stessi americani, oltre all’allargamento esponenziale della loro influenza sui vari scacchieri geopolitici mondiali. Gli europei dal canto loro si rendono conto del “pericolo giallo” ma sono troppo divisi sulla politica estera che al massimo vivono ciascuno per conto proprio come opportunità occasionali per i loro commerci.

Un test lo abbiamo avuto già con la operazione “Via della seta” e con la escalation dell’accaparramento di alcuni porti strategici mediterranei. Si è avuta anche più che la percezione che gli autocrati cinesi, aiutati dalla smobilitazione americana nel mediterraneo, siano stati impegnati a raccordi carsici con talune forze politiche dei vari paesi europei e soprattutto impegnati con piani mirati a confondere  la opinione pubblica con fakes, a mezzo di piattaforme formalmente non governative ma provenienti in gran parte dal territorio cinese.

Insomma Biden fa bene ad indicare i rischi della accanita competizione lanciata dai cinesi sulle più avanzate tecnologie come infiltrazione insidiosissima nel sistema mondiale che giocoforza riguardano i fattori di sicurezza, di indipendenza, e di spionaggio sui fattori industriali e finanziari. Ma il modo migliore per convincere gli europei, è di prendere davvero le distanze dai tentativi palesi commessi da Trump che ha palesemente tentato di sgretolare la unificazione Europea. Infatti l’Europa va sostenuta nel processo di edificazione dello Stato continentale, quale garanzia anche per gli americani di essere più forti come coalizione occidentale per non cadere nelle reti di paesi che dello sfruttamento bestiale degli uomini e della loro sottomissione totale, costituiscono la leva per governare il mondo con i proventi finanziari realizzati. Ed allora se l’alleanza occidentale deve esserci, dovrà riguardare il pieno rispetto e sviluppo di ogni componente a partire dall’Europa, che però dal canto suo dovrà incominciare almeno a provvedere a governare il benessere e la pace nell’area da troppo tempo rovente del Mediterraneo.

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