Esser profeta significa conoscere ben più che il futuro: il più profondo presente. (Ernst Jünger)
Gli uomini rifiutano i profeti e li uccidono. Ma adorano i martiri e onorano coloro che hanno ucciso. (Fëdor Dostoevskij)
Il Vangelo di oggi è molto forte: “Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando (Mc 6,4-6)”.
Nessuno è profeta in patria, cioè nella sua famiglia, parrocchia, comunità, società etc. Quanti profeti ci sono stati e ci sono nel mondo e nella chiesa? Il profeta è un “visionario” che vede oltre la realtà e il presente. Il profeta è scomodo per quelli che sono intorno a lui, perché non è diplomatico, non cerca il proprio interesse, ma la volontà di Dio con uno sguardo di luce.
Con il battesimo abbiamo ricevuto tre grandi doni e compiti quello di essere sacerdoti, re e profeti. Li esercitiamo questi “incarichi divini” nella vita quotidiana?
Essere sacerdoti (tutti abbiamo ricevuto il sacerdozio battesimale), significa partecipare al grande sacerdozio di Cristo sulla croce, con la preghiera, l’offerta e il dono della propria vita secondo lo stato di cui uno appartiene.
Essere re, significa che con Gesù siamo tutti figli del Re dei re, siamo ognuno di “sangue blu”, cioè un’origine nobile. Bisogna trattare ogni persona con rispetto e con amore, perché riscattata dal prezioso sangue di Cristo. Vivere la regalità di Cristo significa evangelizzare per portare a tutti il regno di Dio che è un regno di pace, di amore e di misericordia.
Bisogna essere profetici nelle parole e nelle opere. Il profeta non è un indovino, ma uno che guarda oltre, attraverso gli occhi di Dio, il futuro pieno di speranza. Se si legge attentamente la storia della Chiesa tutte le “profezie” non sono state comprese e accolte subito, ma con il tempo. San Benedetto, San Francesco, Don Bosco, San Pio e tanti altri santi sono stati profetici nei loro tempi.
Oggi bisogna essere profeti della pace, in un mondo pieno di guerre e di violenze (ci sono circa 60 conflitti bellici in corso). Dobbiamo essere profeti di speranza, in una società dove regnano lo scoraggiamento e la disperazione. Profeti evangelici, per portare a tutti la bella notizia che Gesù è vivo, vero, morto e risorto per amore.
Concludo con le parole “profetiche” del venerabile politico servo di Dio Giorgio La Pira:
“Il futuro è oggi”
“Il profeta parte dal presente,
lo scruta, lo critica,
ma come momento
di un progetto più ampio
che distende le sue sponde
sul passato remoto
e sull’avvenire più lontano,
non per lasciarlo ai margini,
per limitarsi a denunciarne la precarietà,
bensì per metterlo in moto,
per destarne la potenzialità
e svilupparne gli impliciti frutti,
per lanciarlo verso le mete finali
della storia e oltre la storia”.