Cosa lasciarci in eredità l’ha deciso proprio lui, con un bel testo di un paio di pagine che solo una mente allenata e riservata poteva sfruttare appieno per dire la propria vita, il proprio modo di essere. Pulvis erit, Joseph Ratzinger, è stata la tua ultima lezione. Ma che lezione.
Benedetto, il sedicesimo con questo nome che sa di Europa barbarica e risorgente, di ore di studio a pregare e lavorare, di latino riportato al suo rango di lingua sacra e venerata, ci ha detto tre cose. La prima che lui la scienza l’ha vista fallire più di una volta. La seconda che la scienza fallisce quando la si trasforma in dottrina e dogma, e soprattutto in Rivelazione. La terza che – logica conseguenza dei punti precedenti – occorre restare saldi nella fede, giacché solo la fede dura, solo la fede salva. Amici e fratelli tedeschi, impegnati in un dibattito teologico e morale dalle conseguenze imprevedibili, tenetelo a mente e non conformatevi troppo alla mentalità di questo secolo.
Quando lo elessero tutti si aspettavano un Metternich pronto alle Sante Alleanze per la repressione dei tempi nuovi. Quanto ci siamo sbagliati. Perché invece Ratzinger ha fatto la Rivoluzione e questo è avvenuto all’interno di un percorso di riflessione sull’uomo e il mondo contemporaneo, come emergeva dalla fine dei totalitarismi del Novecento e dall’imposizione di una nuova visione, basata sul mercato ed il relativismo. Per questo, ancor prima di essere eletto, aveva spiegato i pericoli di quest’ultimo, imprimendo una prima svolta rispetto al suo amatissimo predecessore. Ugualmente ebbe cura di mettere in chiaro sin da subito che esiste Mammona, accidenti se esiste, e che il suo nome è Denaro. Il suo cognome, aggiungiamo noi che pure non abbiamo nemmeno una pallida ombra delle sue capacità, potrebbe benissimo essere Legione, perché sono in molti. Ecco, in sintesi, il Papa Emerito. Che se ne andò a curar la vigna perché ebbe coscienza dell’enormità dell’impresa tentata ma ancor più delle difficoltà incontrate. La qual cosa, più che a lui, non fa onore alla Chiesa, ma non ci addentriamo. Abbiamo tutti, del resto, la pericolosa tendenza a tracciare continuità e soluzioni di continuità che, se esistono, esistono magari solo in parte. Ognuno è se stesso, unico di fronte agli uomini come a Dio, quindi non lasciamoci andare alle classificazioni troppo comode e troppo facili.
Adesso si sussurra che sarebbe il momento anche per Bergoglio di lasciare. Anche qui: materia troppo grande per noi, che ci accontentiamo di chiederci perché dovrebbe farlo. Lasciamo stare. Benedetto riposerà fisicamente vicino alla memoria dei martiri e di Pietro. Difficile immaginare quiete più serena di questa. Lascia un mondo in cui i lupi sono entrati nel recinto del gregge, come disse lui stesso una volta. Altri continueranno la lotta contro Mammona.
L’importante è farlo con cognizione. Cognizione di causa, certo, ma anche cognizione in senso lato. Di ciò che si è, di ciò che si deve sapere. Per questo il suo ultimo richiamo è stato alla saldezza della fede, ma anche al pericolo di commettere peccato di superbia, trasformando la scienza in Sapere. Le due cose sono contigue, ma sono anche ben distinte. Disse un suo predecessore, rivolgendosi ad un nipote laureato che aveva osato alzar la cresta con suo nonno contadino: “Lui è un sapiente, tu sei solo un erudito”.
Oppure, senza magari giungere fino alla confusione dei ruoli e delle gerarchie, cadere nello scontato.
Ci ricordiamo di una volta in cui Benedetto, appena assurto al Soglio, si recò a San Paolo fuori le Mura per una messa solenne. Pronunciò l’omelia e, vuoi per il caldo vuoi per la voce non baritonale vuoi per la complessità del tema affrontato (non ricordiamo quale, ma erano sempre temi complessi), insomma la distrazione dilagò. Lui, in un inciso, ricordò la Trinità e quando disse “Padre, Figlio, Spirito Santo” la folla si risvegliò dal torpore e con riflesso pavloviano fece: “Amen!”. “Non stavo dicendo questo”, replicò lui stizzito, gelando con lo sguardo dell’insegnante un paio di migliaia di presenti. “Non stavo dicendo questo”, e ripeté da capo il concetto, e poi anche quelli precedenti. Ci sono volte in cui è davvero necessario non accontentarsi del quieto vivere.