Si è conclusa la tornata elettorale per le presidenziali in Siria che ha visto riconfermato alla guida del Paese Bashar al-Assad che si è aggiudicato il 95% dei voti. Siamo ormai abituati a definirle “maggioranze bulgare”. Era una maggioranza prevista, prevedibilissima, con un atteggiamento di Assad che, ogni anno anno che passa diventa più scostante. E’ una vittoria scontata, brutta e “trista”. La sola idea che quel Paese – ormai un condominio di comproprietà – continui ad essere “governato” da Assad, fa solo presagire sbocchi critici, per non dire negativi. Non ci dimentichiamo che la Siria, stando alle cifre ufficiali, ha perso oltre mezzo milione di persone, e circa la metà della popolazione è stata portata alla profuganza.
In tutto questo, non possiamo dimenticare che la Siria è un condominio di presenze straniere che vanno dalla Russia, all’Iran, alla Turchia, ci sono gli hezbollah, c’è l’Isis che sta ritornando a galla, i curdi che sono tra i vincitori, se non i vincitori morali nella lotta contro l’Isis. E’ una situazione paradossale che, al di là delle parole, possiamo solo cercare di ridurne le criticità. Oggi diversi Paesi arabi stanno guardando alla Siria, sperando di sottrarla all’influenza iraniana e stanno “masticando amaro” e cercano di riportare il Paese nell’alveo del mondo arabo a cui appartiene, la Russia sta giocando su tutte le tavolozze possibili: vuole avere buoni rapporti con Israele che “ringrazia” colpendo le presenze iraniane di qualunque nature esse siano. La Turchia nel nord est e nel nord ovest e la situazione di semi-conflittualità con la Russia a Idlib. E’ veramente un’area che può trasformarsi di nuovo in una polveriera, accentuando la miseria, la distruzione.
Con questa vittoria, anzi brutta vittoria, si aprirà il capitolo della ricostruzione della Siria. Si parla di centinaia di miliardi per questa operazione e lì ci sono le politiche – che non ci vedono estranei – di avvicinamento su quello che potrebbe essere un affare, con la Russia che sta cercando di far pagare agli amici, agli alleati più o meno strutturali, il conto di questa ricostruzione.
Quello che preoccupa di più è il “messaggio” che Assad ha lanciato dal suo seggio: alle parole dei ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti avevano pubblicato un comunicato congiunto prima delle elezioni in cui le definivano illegittime, il presidente siriano ha risposto dicendo che le opinioni dell’occidente contano zero. Bashar al-Assad che l’Occidente aveva, molti anni fa, salutato questo giovane rampollo come diverso dal padre, feroce e cinico, che si era macchiato di massacri a non finire, credo che oggi abbia superato il padre in termini di massacri bellici, a fronte di una popolazione che ha fatto ricorso alle armi perché era stata attaccata nella maniera più brutale, con armi e con gas.
Ha fatto bene la stampa a trattare queste elezioni come marginali perché non meritano se non una lapidaria condanna. E’ tornato un dittatore, guai in vista per la Siria. Il mondo siriano non solo è stato devastato dalla guerra civile, ma anche quelle che si sono sovrapposte, come quella all’Isis che non è ancora finita. La cosa che sembra più preoccupante è questa corrente sotterranea che tende a legittimare Assad: se aveva avuto l’improntitudine di dire che l’opinione occidentale non conta nulla, figuriamoci ora che è stato intronato di nuovo presidente della Siria con degli osservatori che in realtà sono dei suoi sostenitori. Si prospetta un futuro che non fa presagire nulla di buono per il popolo siriano, impoverito e immiserito.