Troppi ipocriti chiamano ‘lavoro’ quello che è un vero e proprio scempio, una vergogna che invade le strade delle nostre città. Dietro ogni prostituta c’è sempre una storia di sfruttamento, di sofferenza e di gioventù violata. E purtroppo c’è anche un’industria, che frutta novanta milioni di euro al mese per le organizzazioni criminali.
Comprare il corpo di altri esseri umani – donne, uomini, bambini – non è e non potrà mai essere considerato un diritto. Legalizzare la prostituzione significa rendere lecito un inferno. C’è chi parla di “riaprire le case chiuse”. Ma io mi chiedo: “Chi ci vuoi mettere nelle case chiuse? Un tuo caro? Saresti felice se tuo figlio o tua figlia ti dicesse d’aver trovato lavoro mettendo in vetrina il suo corpo?”.
Come diceva don Oreste Benzi e come ripeto spesso, “nessuna persona nasce prostituta, c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare”. Per questo è inaccettabile foraggiare lo sfruttamento ed è invece necessario mettersi dalla parte di chi vuole liberare queste figlie schiavizzate.
Loro non possono aspettare le nostre chiacchiere, hanno bisogno di gesti concreti di aiuto. L’Europa ha chiesto a tutti gli Stati membri di adottare il modello legislativo del Nord Europa: fermare la domanda. Del resto il mercato esiste perché c’è una richiesta insistente da parte dei cosiddetti “clienti”. Bisogna invece ribadire che chi va con una prostituta deve essere punito come chi la sfrutta.
Si tratta anche di un problema di carattere culturale. Ci sono donne che preferiscono che il loro uomo vada con una prostituta piuttosto che abbia un’amante, perché la prostituta è considerata un “oggetto che si usa e getta” per una notte.
Ed è deprimente il fatto che tanti giovani trovino nello scherno, nel maltrattamento delle prostitute un divertimento. Cosa sta diventato questa società? Noi adulti siamo responsabili, perché questi sono i nostri figli.
Va compiuto dunque un lavoro di informazione e di sensibilizzazione, ma contestualmente va disincentivato il mercato colpendo la domanda. Il mio appello va all’attuale Governo. Approvare una legge che punisce i clienti significa restituire la speranza agli ultimi, a quelli che Papa Francesco chiama gli “scarti”.
È quindi importante firmare la petizione “Questo è il mio Corpo”, della Comunità Papa Giovanni XXIII. L’azione istituzionale e legislativa va incoraggiata da una campagna della società civile, perché ognuno di noi è responsabile di quanto ci accade intorno. Di quanto accade di notte, sui cigli di strade che in tanti fanno finta di non vedere.