È evidente che ci sia una crisi familiare. In un certo senso, la sua entità rivela la condizione modale della società. Come in molti altri ambiti, dall’esperienza della famiglia si vuole prendere ciò che è più allegro e leggero, rifiutando tutto il resto – la maggior parte tra l’altro – che rappresenta tutto ciò che esige e costa.
Questa è l’immagine della famiglia che si vende meglio sui social media o nelle pubblicità: tutti belli, curati, affettuosi; non manca nulla: essi possono essere solo che invidiati o forse ancor più – imitati. Eppure, quante persone non sono in grado di guardare serenamente queste immagini o pubblicità idilliache, perché tornano subito alla loro mente ricordi dolorosi: delusioni, ferite, traumi, ferite non rimarginate che trasudano da una vita?
Il tema della famiglia diventa quindi sempre più sensibile, per non dire scomodo. Più è rischioso, più si colloca al centro dell’attenzione. Dopotutto, tutti vorrebbero avere una famiglia buona e affettuosa – e solamente pochi sono stati così fortunati! Si può fare qualcosa per rimediare? Forse la cosa più giusta da fare sarebbe quella di de-idealizzare il tema della famiglia, mostrando semplicemente che ciò che di più bello e tanto desiderato da tutti è solo… la ciliegina sulla torta. Perché la felicità familiare si forgia faticosamente e pazientemente nelle situazioni quotidiane e nei gesti corrispondenti.
Tendiamo a dimenticarlo, perché non si vende bene nei media. Un trucco ben fatto richiede molto impegno, tempo, esperienza e abilità. E infine, gli strani incontri e le parole inquietanti che li accompagnano: Simeone e Anna – da un lato un segno di qualcosa di straordinario, ma dall’altro una prefigurazione di difficoltà, di sofferenza. Un sorriso sano è anche il frutto di vari trattamenti, cure e disciplina. Anche i momenti di vicinanza e tenerezza sono solo il culmine di molti sforzi, la ricerca di un incontro vero e profondo, di comprensione, di armonizzazione. Nel frattempo, due persone attratte l’una dall’altra si concentrano sugli stimoli esterni, di solito naturalmente molto forti, ma poi – spesso – arriva il vuoto, se non il rifiuto.
Se guardiamo alla Sacra Famiglia, anche solo come viene rappresentata nel Vangelo di oggi, questa duplice natura del loro stare insieme – bella perché, in fondo, coronata dalla grazia – è molto chiara. Basta un po’ di attenzione e di immaginazione: Il primo punto – l’obbedienza alla legge, al rituale: indipendentemente dall’umore, dal desiderio, persino dalla forma. Questo significava, ad esempio, fare il viaggio da Nazareth a Gerusalemme, una distanza di poco più di 100 km a piedi (presumibilmente con l’aiuto di un asino), ovvero 3-4 giorni di cammino, essenzialmente in salita. Tutto questo ha avuto un costo (vitto e alloggio). A ciò si aggiungeva la spesa per l’offerta al tempio (una spesa non elevata, dato che Maria e Giuseppe erano considerati poveri).
Si tratta di uno spaccato così ridotto della vita quotidiana di una famiglia: soprattutto lo sforzo di investire in ciò che va fatto. A volte si presentano contesti e situazioni nuove e si sentono parole di preoccupazione, come se questa fatica ordinaria e quotidiana non bastasse. E sappiamo bene dalle pagine dei Vangeli che il Signore Gesù, crescendo e poi diventando adulto, è stato più fonte di preoccupazione che di pace per i suoi genitori. Questo, a sua volta, è un classico attributo biblico dell’incontro tra Dio e l’uomo, il cui frutto è il desiderio di rapire, di sradicare l’uomo dal suo contesto meramente terreno per elevarlo verso il cielo, e questo costa sempre, il che significa, non a caso, che suscita resistenza.
Infine, basta leggere l’ultima frase della pericope di oggi – è un po’ come una foto di un social network: positiva, impressionante – ma quali ampi piani di vita quotidiana si nascondono dietro a essa, quanti giorni, mattine, sere, gli stessi doveri, lavori…! Se il Signore Gesù non ha avuto paura di tutto questo, a maggior ragione noi non dobbiamo avere paura delle fatiche familiari di una quotidianità faticosa e persino delle parole che non capiamo. È necessario perseverare.