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Consigliare i dubbiosi è un’opera di misericordia

dubbiosi

I dubbiosi come frontiera dell’evangelizzazione. Non c’è fede senza dubbio. “Dio ha messo nel mondo abbastanza luce per chi vuole credere. Ma ha anche lasciato abbastanza ombre per chi non vuole credere“, insegna Blaise Pascal. Don Gaetano Saracino è sacerdote dei Padri Missionari Scalabriniani. Già parroco del Santissimo Redentore di Roma. Teologo del SIMI– Scalabrini International Migration. Conoscitore del mondo dei mass media. Un doppio passo, anche ultimamente, ha portato la Chiesa ad ascoltare più attentamente il mondo. In questa direzione sono andate le iniziative del Cortile dei gentili o la Cattedra dei non credenti promosse dal Pontificio Consiglio per la Cultura. “Sono frutti del Concilio”, Ed è opera di misericordia anche consigliare i dubbiosi, insegnare. “Francesco, tuttavia, spinge l’ascolto in loco, nei luoghi più disparati- evidenzia don Saracino-. Là, la misericordia si fa prossimità e ansia paterna, quella del padre della parabola del figliol prodigo, e non solo confronto intellettuale. Una cattedra in questo senso, con il Giubileo straordinario della Misericordia, Francesco l’ha conferita ai poveri”.La Chiesa ha sempre annunciato il Vangelo, attraverso i canali attivi in un preciso momento storico. Rintracciare tweet e post nella storia dell’evangelizzazione non è semplice. Se non altro perché sono forme di linguaggio inedite, almeno sino a poco tempo fa. A guardar bene, secondo Saracino, forme di linguaggio innovativo non sono del tutto estranee all’ annuncio del Vangelo. Non saranno tweet, post o blog, ma il segno della croce o il suono delle campane sono ovviamente ben più di un flash mob e di un trill. Ne precorrono la forma, richiamano al mistero e durano ancora. “Gesù stesso ha dato prova di saperci fare con la comunicazione- osserva il sacerdote dei Congregazione dei Missionari di San Carlo-. Da Nazaret scese a Cafarnao a predicare. Dunque da un luogo isolato ed arroccato ad un porto di lago, il mare di Galilea, per altro attraversato dalla via dell’impero. Il cardo maximus, che portava a Damasco, sede di una dogana e in rapporti commerciali con l’alta Galilea, la Siria, la Fenicia, l’Asia Minore, Cipro e l’Africa”. E lo stesso Figlio di Dio accompagna i fedeli dall’Annunciazione all’Annuncio. D’altronde: “il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Il teologo scalabriniano richiama il linguaggio attuale dei social. Nella storia recente quando Benedetto XVI inaugurava dallo schermo di un iPad la sua presenza su Twitter, aprendo otto account in altrettante lingue, cui si è aggiunta poco dopo quella in latino. I mass media collegarono quell’evento al gesto di Pio XI, che nel 1931 dai microfoni di Radio Vaticana lanciava il suo primo messaggio radiofonico e, ancor prima, la benedizione impressa da Leone XIII nel 1896 sulla pellicola dei fratelli Lumière. La pellicola del cinema e il microfono di una radio da una parte e un iPad aperto su un social dall’altra, costituiscono forme differenti di comunicazione corrispondenti a quasi due epoche. Ma come la radio ha rappresentato la trasmissione dell’informazione ad ampio raggio, così Twitter rappresenta la conoscenza connettiva e condivisa. Rispondendo al modo attivo di comunicare odierno. Una Chiesa che sa sorprendere esiste. Non solo lezioni a colpi di liturgie ma anche comunicazione massmediatica e pratiche on line per comunicare. Il cuore è sempre la Buona Notizia, il Vangelo. L’Annuncio corre, è presente, ma proprio per la sua natura viva e vivificante non può rimanere lettera, deve diventare prossimità, incontro, dialogo. Osserva don Saracino: “In una tag cloud, quella specie di nuvola grafica dove la grandezza delle parole scritte è proporzionale alla loro ricorrenza, sarebbero queste le parole chiave del pontificato di Francesco: prossimità, incontro, dialogo. Al centro della comunicazione le persone che comunicano sono in forte relazione fra di loro. E allora mentre l’attenzione social, fortemente favorita dall’innovazione tecnologica, si è ormai spostata dal mezzo al messaggio, tanti, troppi e spesso, in papa Francesco resta marcata l’esigenza di stabilire una relazione sempre, in qualsiasi contesto comunicativo perché il messaggio si affermi con autenticità ed efficacia. Non sarà strettamente social, ma per don Saracino è innovativa e ben visibile in Francesco la capacità di fare una sorta di magistero per aria. Il riferimento è all’incontro in aereo con i giornalisti, nei suoi viaggi intercontinentali, trasformatisi in un vero e proprio esercizio del magistero, dalle dichiarazioni impegnative e piuttosto esplicite. Ma anche ai continui richiami ai suoi ministri, nel rivedere le lunghe omelie e i limiti della comunicazione ecclesiastica nel suo insieme. Se il Figlio di Dio, Parola del Dio vivente, si è fatto carne non può che essere venuto a cercare e a salvare (coinvolgere) ciò che era perduto (Lc 19,10). Questa è la mossa dell’evangelizzazione. La salvezza portata da Gesù nella misericordia del Padre. Non è una notizia creata ad arte o adattata ad un mezzo per essere veicolata. Per questo non resterà mai nascosta perché è un fatto realmente accaduto. E coinvolge l’uomo, ogni uomo. In ogni epoca, con ogni mezzo. Francesco ne dà prova anche durante i viaggi conversando a tutto campo con i cronisti che lo seguono nei suoi spostamenti all’estero. Quella dell’incontro con i giornalisti, per la verità, non è una forma inedita. L’ha introdotta san Giovanni Paolo II, l’ha proseguita Benedetto XVI. Però in Francesco si è affermato uno stile di comunicazione nuovo: più immagini, frasi ad effetto che danno origine anche a reazioni emotive, e con meno concetti. La scuola di trasparenza e linguaggio diretto è il Concilio Vaticano II. Nell’aprile 2013, infatti, ricordando il Concilio, papa Bergoglio affermava che il Concilio è stato un’opera
bella dello Spirito Santo. Ed evidenziava la figura di Giovanni XXIII. Sembrava un parroco buono ed è stato obbediente allo Spirito Santo. Un debito di riconoscenza già affidato anche da Giovanni Paolo II nel celebre messaggio Urbi et Orbi del 22 ottobre 1978. In cui chiese ai fedeli di mettersi in sintonia col Concilio per attuare praticamente quel che esso ha enunciato. Parimenti per Francesco, la Chiesa è lumen, luce. Perché sul suo volto si riflette la luce di Cristo, che è Lumen Gentium (LG 1).

Giacomo Galeazzi: