I Decreti del presidente del Consiglio dei ministri sono atti amministrativi, sia pure di carattere generale, provvedimenti che il premier adotta dopo aver sentito alcuni ministri, con una procedura che può essere congeniale a seconda delle diverse materie. Non sono atti legislativi, ossia leggi o atti aventi forza di legge.
Per quel che riguarda i diritti costituzionali, delle limitazioni sono possibili ma con determinate garanzie, come la garanzia della fonte, e il bilanciamento che può essere tra i diritti costituzionali. Il diritto alla salute è uno di questi, un diritto fondamentale della persona, è un interesse della comunità, e ci possono essere dei provvedimenti che restringono l’esercizio di altri diritti – come ad esempio la circolazione – ma debbono essere limitazioni e non soppressioni totali. Inoltre, la limitazione deve essere proporzionata al fine. Ecco perché ci sono una serie di garanzie costituzionali che vanno rispettate.
Il punto critico che viene osservato da molti, senza mettere in discussione l’esigenza che ci sia di tutelare la salute, è capire se sia sufficiente un decreto che indichi in maniera generica, provvedimenti che possono essere adottati con un Decreto del presidente del Consiglio dei ministri sulla base di valutazione di organi tecnici o se non sia da preferire o necessario un decreto legge che stabilisca queste limitazioni.
C’è stato un mutamento di atteggiamento del governo: dai erano adottati in solitudine, e almeno il primo adottato senza una adeguata copertura legislativa, si è passati via via a Dpcm ai quali seguiva un’informativa al parlamento e, fino all’ultimo che è stato preceduto da un dibattito parlato.
Siamo in un crinale al quale bisogna prestare attenzione, pensiamo anche all’idea che era stata ventilata di controllare nelle case quante persone si riunissero a cena, per fortuna non è stato adottato da questo tipo di provvedimento. C’è una garanzia di inviolabilità del domicilio.
Attenzione a “maneggiare” provvedimenti che toccano diritti fondamentali. Per fortuna nel nostro Paese non è a rischio il sistema e la democrazia, ma non abituiamoci – al di là della strettissima necessità – a provvedimenti amministrativi che limitano libertà fondamentali perché si può instaurare una consuetudine perversa.
Naturalmente è possibile sempre un controllo su questi provvedimenti: un potere di indirizzo e di tutti gli atti del governo è il parlamento, anche qui attenzione, il parlamento deve esercitare con la massima incisività questo controllo. L’eccesso di provvedimenti di urgenza, senza un intervento del parlamento, rischia di squilibrare il sistema. Mentre sui decreti legge c’è un controllo, per i Dpcm non c’è un controllo preventivo. Non c’è neanche la possibilità di accesso alla Corte Costituzionale perché si tratta di atti amministrativi, c’è però una possibilità di controllo da parte della giustizia amministrativa in caso di ricorso.
In ragione dell’urgenza, della novità, dell’esigenza di provvedere a un fenomeno così ampio e diffuso, si possono tollerare delle sbavature, delle zone a rischio. Se questo poteva valere in una fase iniziale, adesso, forse è bene riflettere sulle modalità con le quali provvedere e sul contenuto dei provvedimenti.
Vediamo che c’è disordine nei rapporti tra Stato e Regioni, su chi deve operare e su quali provvedimenti devono essere adottati. Davvero sarebbe opportuna una legge che disegni i principi, le modalità, le procedure di intervento in caso di emergenza sanitaria come quella che viviamo e sarebbe opportuna l’istituzione di commissioni parlamentari specifiche per problemi relativi alla pandemia, possono essere composti da membri delle commissioni sanità, affari costituzionali, economia, affinché indirizzi e controlli da più vicino l’attività governativa e che sia anche luogo di dibattito.