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Don Sturzo e il superamento del concetto di “guerra giusta”

Il pensiero di don Luigi Sturzo sul ripudio della guerra e la promozione della pace è di grande attualità in questo momento drammatico di fronte alla “guerra mondiale a pezzi”, evocata dal Papa. Alcuni temi contenuti nel magistero pontificio dell’ultimo secolo e negli appelli di Francesco in occasione della guerra in Ucraina e in altre parti del mondo sono anticipati nel pensiero di don Luigi Sturzo, del quale l’8 agosto ricorreva il 64° anniversario della morte. Il pensiero di Sturzo sulla pace fu provocato dalle particolari circostanze storiche del “secolo breve” caratterizzato da due guerre mondiali, dall’affermarsi di vari totalitarismi e da alcune guerre particolari come la guerra coloniale d’Etiopia condotta dall’Italia e la guerra civile spagnola.

Le riflessioni di Sturzo sui problemi della pace e della guerra sono articolate e suscettibili di maturazione e sviluppi. Egli passa dalla tradizionale posizione della “guerra giusta” fino al rifiuto totale della guerra nella società contemporanea. Nell’ultimo punto del programma del Partito Popolare Italiano si richiedeva la costituzione della “Società delle nazioni” con i corollari derivanti da un’organizzazione giuridica della vita internazionale: arbitrato, abolizione dei trattati segreti e della coscrizione obbligatoria, disarmo universale”. Il lungo esilio prima a Londra e poi negli Stati Uniti offrì a Luigi Sturzo l’opportunità di una riflessione più organica sui temi della pace e della guerra, che trovò una sintesi sistematica nell’opera La comunità internazionale e il diritto di guerra, pubblicato in gran Bretagna nel 1929, cui seguirono L’Italia e l’ordine internazionale nel 1944 e Nazionalismo e Internazionalismo nel 1946.

Gli argomenti sturziani riguardo al superamento della concezione di una “guerra giusta” e all’impegno politico per la pace si possono sintetizzare in alcuni punti: la politica è buona solo quando è “retta” ossia si richiama ai valori morali e innanzitutto al rispetto della persona umana; le nazioni devono essere, in alcuni casi, sottoposte a precisi limiti politici da parte di un’organizzazione internazionale che abbia un’autorità morale universalmente riconosciuta; la Società delle nazioni è di fondamentale importanza per una cultura politica in favore della pace; la politica deve indirizzare l’economia e non viceversa; la necessità di un’educazione e un’autoeducazione delle persone a partire dai giovani a una cultura di pace alla luce dell’universalismo evangelico. A proposito della guerra di Spagna Luigi Sturzo scrisse nel giugno del 1937: ”Noi non crediamo alla necessità di alcuna guerra, sia essa fatta in nome della religione o in nome della nazione; in nome del diritto o in nome della patria. Lo spirito cristiano deve soffiare nella vita sociale e politica allo stesso modo e con la stessa efficacia che nella vita personale e familiare. Esso ci porta a dare importanza ai valori morali anche nei rapporti fra i popoli; a cercare le soluzioni pacifiche; a evitare i massacri di guerra. Le grandi rivoluzioni morali (e questa sarà una) cominciano da piccoli e incerti inizi e per la fede di pochi. La fede che la guerra non è più legittima (perché è evitabile); non è più necessaria (perché non è legittima); non è più fatale (perché non è necessaria), è la fede che oggi ci vuole” (Guerra e pace, in Miscellanea Londinese).

Don Sturzo alla teoria di una presunta inevitabilità della guerra contrappone le ragioni della buona politica caratterizzata dal primato dell’etica che trova nell’amore cristiano il suo nucleo fondamentale. Sono interessanti alcuni articoli che Luigi Sturzo pubblicò durante l’esilio sul giornale Popolo e Libertà di Bellinzona. Di fronte alle atrocità delle guerre moderne egli scrisse: “Occorre sapere affermare la teoria cristiana della pace e guardare in faccia le guerre moderne, distruggitrici di ogni ordine e di ogni bene morale e materiale, i cui effetti pesano per più generazioni, la cui mostruosità è centuplicata dai mezzi scientifici che si impiegano a danno non solo dei nemici, ma del proprio popolo: perché ormai vincitori e vinti sono sotto la stessa legge di distruzione”(I cattolici e la pace, in Popolo e Libertà). Nel 1937 a proposito di una settimana di preghiere per la pace indetta dai giovani cattolici europei, scrisse:” Se ci fosse una fede viva, quella che trasporta le montagne, noi avremmo la pace di Dio sia nelle nostre anime, sia nella società sia fra i popoli. Allora la nostra preghiera sarebbe esaudita. Ma la fede manca: quanti pensano che basti alla preghiera per la pace? Pochi, pochi. Perché non comprendono che la preghiera non è solo quella di prostrarsi in chiesa e stendere le mani a Dio; ma quella di attuare praticamente quell’amore di Dio e al prossimo che la preghiera esprime. Oggi sembra che non la pace si cerchi, né per la pace si preghi, ma per la vittoria dell’uno e la sconfitta dell’altro, uno esaltato, l’altro disprezzato o odiato in nome d’ideali profani (fascismo o comunismo), più che in nome dell’amore di Dio e del prossimo”(Una settimana di preghiere per la pace, in Popolo e Libertà).

Don Luigi Sturzo scrisse nel 1938 in un articolo: “L’ordine internazionale quello naturale (e ancora più quello cristiano) non può poggiare sull’immoralità elevata a principio, quale sarebbe se si ammettesse che la politica internazionale non ha né caratteri né limiti morali, e che gli uomini che fanno la politica internazionale, per ciò stesso, non sono obbligati a osservare la legge morale. La morale cristiana, anche nell’ordine internazionale non è altro che “verità, giustizia e carità”. Quando si approvano le aggressioni, si lodano le guerre riuscite, anche se ingiuste, si accettano le violazioni dei trattati, si difendono i bombardamenti aerei contro le città e i villaggi indifesi e fuori della zona di guerra, o comunque fatti per terrorizzare le popolazioni civili e non i combattenti; quando si irride a tutti gli sforzi fatti o da fare per costruire una comunità degli stati, […] quando si basa la società sulla forza, sul dominio di razza, sull’oppressione delle minoranze, dei dissidenti, dei deboli, allora non si ascolta la chiesa, non si obbedisce al vangelo, non si gettano le basi di un vero ordine internazionale, non si potrà mai ottenere la pace, quella che la Chiesa prega dicendo: Da pacem, Domine, in diebus nostris” (L’ordine internazionale e la pace, in Popolo e Libertà).

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