Quest’anno sarebbe stato il suo 95esimo compleanno ma io credo che don Benzi sia sempre giovane. Un po’ come il vino buono, che più invecchia in età e più si sente il sapore, il valore della sua vita. Lui parlava ai bambini come un bambino, faceva sognare i giovani, ha fatto sentire la bellezza di aprire la propria casa alle coppie e alle famiglie. Ha aiutato delle persone che avevano possibilità economiche a svuotare un po’ il portafoglio, a restituire ai poveri il “maltolto”, quello che la società a volte ingiustamente toglie. Per questo il suo è un messaggio contemporaneo.
Il suo frutto più bello, secondo me, è proprio la Comunità Papa Giovanni XXIII. Molte opere che lui ha avviato non le ha nemmeno viste, nate dopo di lui ma frutto del suo seme. Don Benzi, paradossalmente, ha saputo seminare non solo sui vari terreni, come dice la parabola evangelica, ma ha saputo seminare anche sull’acqua, perché quelli che stavano affogando, quando hanno visto il seme da lui gettato, si sono aggrappati e issati, fino a salvarsi.
La sua vita era incentrata su un grande punto di riferimento, Gesù Cristo. E la sua vita è stata semplice, genuina, coerente, anche se come tutti i santi avrà fatto dei suoi errori. Una vita pienamente sobria, essenziale, la gente si fidava di lui, perché era un sacerdote che viveva da povero e, soprattutto, fra i poveri.
E proprio ai sacerdoti dà un’indicazione importante: vivere in mezzo al popolo e non separati. Perché il popolo ha bisogno dei sacerdoti e anche loro, perché sono uomini come gli altri, hanno bisogno di vivere in mezzo alla gente, fra le famiglie, di incontrare i giovani. Di stare in mezzo al popolo, come insegna ogni giorno Papa Francesco. E la parrocchia di don Oreste Benzi era proprio il popolo, nel quale porre particolare attenzione agli ultimi, agli emarginati.