Un piano Mattei per l’energia, ma senza avere un Enrico Mattei a disposizione. Del quale, mai come in questo frangente, l’Italia avrebbe un gran bisogno. Non a caso dell’uomo che inventò l’Eni, scomparso in un incidente areo sul cielo di Bascapè (ormai accertato che si trattò di attentato e non di guasto tecnico), se ne riparla con grande insistenza, volendone mutuare la lezione. Perché essere indipendenti, sul piano energetico, non è solo strategico, ma fondamentale per consolidare la ripresa economica, scavallando le crisi internazionali, destinate a ripresentarsi in modo ciclico, sia pur con forme diverse.
Dunque il disegno tratteggiato dalla premier, Giorgia Meloni, in occasione della missione in Algeria, è quello di fare dell’Italia l’hub energetico del Mediterraneo, un ponte tra Africa ed Europa, rifacendosi a quel “Piano Mattei” annunciato nel discorso di insediamento di fine ottobre alle Camere. “Abbiamo questo progetto ambizioso che ci diamo come orizzonte di legislatura”, spiega la presidente del Consiglio che, visto il difficile momento in tema di approvvigionamento energetico, punta a far recitare all’Italia un ruolo centrale nella distribuzione.
E i due protocolli di intesa firmati nel palazzo presidenziale di Algeri da Eni e dalla sua omologa algerina Sonatrach – uno per aumentare gli approvvigionamenti, non solamente di gas, e l’altro per rendere quell’aumento di produzione sostenibile – sono altri due tasselli che si vanno a inserire nel quadro generale. Quadro che, tuttavia, avrà bisogno di tempo e investimenti per concretizzarsi a causa anche del “collo di bottiglia” a livello infrastrutturale che si registra nei gasdotti del centro Italia. Una strettoia che, spiega l’Ad di Eni, Claudio Descalzi, rende al momento il progetto dell’hub solo “potenziale”. “Con il collo di bottiglia che abbiamo tra Campania, Abruzzo e Molise, dal Sud possono arrivare al massimo 126 milioni di metri cubi al giorno, e siamo quasi al limite”, evidenzia il manager, presente nella delegazione che ha preso parte alla trasferta algerina, “Snam ha lanciato un piano di espansione che deve essere approvato da Arera, c’è una consultazione in corso ma direi che è una delle cose più necessarie che abbiamo perché venendo tutto il gas dal Sud, se abbiamo un collo di bottiglia, il concetto di hub è un grande potenziale che non si esprime”.
Oltre a puntare a rendere l’Italia lo snodo dell’energia del Mediterraneo, aggiunge Descalzi, “pensiamo anche a un Paese che non debba preoccuparsi di restrizioni o di costi troppo alti. Il primo punto è dare una sicurezza energetica a costi bassi all’Italia, poi la centralità e il posizionamento dell’Italia viene da sé”. Dunque c’è bisogno di correre, di recuperare il tempo perso, tanto sul piano infrastrutturale quanto su quello dei rapporti internazionali, rimasti in quinta per troppo tempo, avendo lasciato la scena ad altri attori. E oggi ne paghiamo il conto. Ma a quei progetti lavora la Meloni, volata ad Algeri per la sua prima missione bilaterale da quando è a Palazzo Chigi. “Non è un caso”, sottolinea la premier, ciò dimostra “quanto l’Algeria sia per l’Italia un partner affidabile e di assoluto rilievo strategico”. Soprattutto dopo aver preso il posto della Russia come primo fornitore di gas naturale. L’intenzione, ora, è rafforzare il partenariato per costruire “ponti tra la sponda Nord e quella Sud del Mediterraneo” e contribuire alla stabilizzazione di una regione che “per Italia ed Europa è fortemente strategica”.
Tanto che dopo il viaggio in Algeria ne seguirà presto un altro, quasi certamente in Libia. “Faremo altri viaggi nelle prossime settimane in paesi del Nord Africa”, conferma Meloni che tornando al Piano Mattei tiene a descriverlo come “un progetto basato su un modello di collaborazione non predatorio, su base paritaria con i paesi della sponda Sud del Mediterraneo per trasformare le tante crisi che abbiamo di fronte anche in possibili occasioni. Quello che facciamo oggi con l’Algeria è la conferma di uno straordinario ponte che l’Italia ha costruito in questi anni e che siamo certi possa tornare utile all’Europa intera, soprattutto in tema di approvvigionamento energetico”.
Ed è proprio all’Europa che la premier si rivolge sostenendo che è anche suo interesse sostenere il percorso intrapreso dall’Italia. “Non solamente per una questione legata alla sicurezza energetica, ma perché negli ultimi anni forse è stata poco presente in Africa”, ricorda, “e noi vediamo i risultati di quella assenza perché la politica alla fine è un gioco di vuoti che vengono riempiti”. Insomma, per la premier c’è in ballo anche un tema geopolitico: “Credo sia interesse dell’Europa anche per arginare la presenza russa e quella cinese che in questi anni sono aumentate sensibilmente con elementi di destabilizzazione che sono evidenti. All’ultimo Consiglio Ue ho citato l’idea del nostro ‘Piano Mattei’, e credo che sarebbe sbagliato affrontare la questione africana solamente dal punto di vista dei flussi migratori”. Un cambio di passo, quest’ultimo, particolarmente significativo. Perché se davvero la questione migranti scende di livello, portando in primo piano il tema energetico significa che la politica ha ripreso a parlare la lingua che conoscevamo e della quale avevamo perso le tracce. Serve costruire legami non alzare solo ponti.