Dopo aver ascoltato i due discorsi della neo-premier Giorgia Meloni, alla Camera e al Senato, la prima sensazione è che – finalmente – si cambia registro e si respira un’aria davvero nuova. Certamente, come è ovvio, alle parole dovranno seguire i fatti, ma almeno il primo passo è foriero di nuova speranza. Con l’aggiunta, tutt’altro che trascurabile, che dopo quasi 11 anni di governi non eletti dal popolo – cui spetta la “sovranità” per dettato costituzionale – le ultime elezioni hanno indicato con chiarezza chi il popolo italiano ha scelto per affidare il quinquennio futuro del nostro Paese.
Dopo anni di propaganda ideologica sotto l’insegna dei cosiddetti “diritti civili”, ritorniamo a sentire parole e concetti come sostegno alla vita e alla natalità, fisco a misura di famiglia, conciliazione fra maternità e lavoro, contrasto deciso e rigoroso alle droghe, educazione delle nuove generazioni ai valori fondanti la storia del nostro popolo. Personalmente ritengo che la chiave di lettura di questo nuovo e impegnativo programma di governo, vada ricercata nella nuova lettura della parola “libertà” che Giorgia Meloni ha proposto citando San Giovanni Paolo II: la libertà non è il diritto di fare ciò che si vuole, ma “il diritto di fare ciò che si deve”. La libertà non è libero arbitrio, non è appagamento di ogni desiderio o “capriccio” soggettivo trasformato in “diritto”; libertà è, e non può che essere, la ricerca di quel “bene” che fa crescere tutti, tutta la società, tutta la comunità sociale, partendo dal rispetto incondizionato della vita e di ogni vita. C’è un abissale differenza fra questo concetto di libertà e l’idea che libertà può essere la decisione, autonoma e autodeterminata, di violare la propria e l’altrui vita.
Anche il rapporto fra la sovranità nazionale e l’appartenenza alla comunità europea ha trovato un paradigma interpretativo assolutamente nuovo e significativo, citando San Benedetto da Norcia, primo autentico “europeista” della storia: richiamando “le radici classiche e giudaico cristiane dell’Europa”, ha letteralmente affermato che “noi siamo gli eredi di San Benedetto, un italiano, patrono principale dell’intera Europa”. E’ un primo, piccolo ma assai significativo passo, che induce a ripensare la ragione stessa della comunità europea, secondo i principi che gli stessi fondatori avevano sostenuto: l’Europa dei popoli, con le proprie tradizioni, storicamente incardinate nel valore della difesa della vita e della persona, lontani anni luce dalle ideologie che hanno esaltato l’individualismo più sfrenato delle “colonizzazioni ideologiche”, targate “diritto di aborto” e indottrinamento gender.
Un recente episodio che ha visto la decisione della CEDU (Corte Europea Diritti Umani) di risarcire (diecimila euro!) “per danno alla libertà di espressione” una signorina francese che, sull’altare della Chiesa della Madeleine, a Parigi, si era denudata il seno, con vesti che ricordano la Santa Vergine Maria, mimando l’aborto (con due pezzi di fegato) del Bambino Gesù, è un vergognoso segnale che va nella direzione esattamente opposta rispetto agli slogan tanto proclamati, quanto disattesi, di rispetto delle libertà personali, di uguaglianza, non discriminazione, inclusività. Se perfino il sentimento religioso può essere oltraggiato ed offeso, se perfino Gesù può essere fatto oggetto di “aborto”, non è esagerato dire che questa Europa non ci rappresenta e non ha proprio nulla da dire in tema di “diritti umani”.
I due discorsi al Parlamento di Giorgia Meloni ci consentono di nutrire la speranza in uno scatto culturale, da cui potranno discendere una serie di decisioni di carattere politico, economico, fiscale, sociale che ci facciano uscire dalla “glaciazione demografica”, promuovendo la maternità, la famiglia, il lavoro femminile, il sostegno alle giovani coppie, la tutela della salute per giovani e anziani, l’educazione umanistica e umanitaria delle generazioni scolastiche. La ferma e categorica condanna di ogni dittatura, nazifascista e comunista, di ogni aggressione del forte sul debole, di ogni violazione della libertà e integrità nazionale, possono e devono andare di pari passo con il contrasto alla dittatura di un “pensiero unico” che si propone di cancellare l’umano e la tradizione del nostro popolo. Cominciando proprio dal Cristianesimo!