Gli studenti musulmani nel nord della Svizzera devono stringere la mano alle professoresse all’inizio e alla fine della lezione e quindi trasgredire a quell’interpretazione del Corano che vieta i contatti fisici tra uomini e donne che non abbiano un legame di parentela. Se si rifiutano, i loro genitori rischiano una multa di 4.500 euro. Lo hanno deciso le autoritĆ del cantone Basilea Campagna: “Darsi la mano ĆØ tradizione culturale della Svizzera”.
Lāepisodio apre a una serie di domande.Ā Qual ĆØ il limite del rispetto delle religioni? Quale il diritto di ciascuno a vivere la propria fede? Quale il limite per una convivenza nella societĆ civile? La Costituzione italiana regola questo aspetto nellāArticolo. 19: āTutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purchĆ© non si tratti di riti contrari al buon costume.
Viene dunque pienamente riconosciuta la libertĆ religiosa: l’equiparazione tra le diverse fedi ĆØ totale; ne consegue che ha pari dignitĆ anche il rifiuto di ogni credo religioso. Va rilevato che il diritto in oggetto viene sancito erga omnes, cioĆØ per chiunque risieda nel territorio nazionale, sia esso cittadino o straniero. L’esercizio del culto trova un limite nell’osservanza del ābuon costumeā, cioĆØ di comportamenti rispettosi della pubblica decenza.
Ma il discorso oggi come oggi ĆØ piĆ¹ ampio, e non riguarda solo la libertĆ di professione bensƬ quella di relazione; ciĆ² che una volta era la āpubblica decenzaā viene interpretato con qualunque cosa possa in qualche modo turbare le abitudini consolidate di un popolo āospitanteā. Come si puĆ² vedere leggendo in maniera comparata le norme degli articoli 19 e 20 della Carta Costituzionale italiana, l’articolo 10 della carta dei diritti fondamentali dell’uomo dell’Unione Europea e l’articolo 9 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo la libertĆ religiosa nei suoi aspetti di cui si compone ĆØ praticamente tutelata alla stessa maniera. Il punto dunque non ĆØ di diritto, ma di reciprocitĆ .
CiĆ² che infatti stona nel rapporto tra alcune istanze islamiche ĆØ che si pretenda di osservare la propria religione quando si ĆØ in contesti stranieri ma non si lasci libertĆ di professare la propria, nelle forme e nei modi stabiliti dal proprio Credo, nei Paesi di fede musulmana. Ā In piĆ¹, lāimmigrazione ha risvegliato ancestrali paure e messo in allarme i governi e le chiese maggioritarie che temono unāinvasione di elementi estranei alla cultura europea dando lāinput a spinte xenofobe ingiustificate. Sempre piĆ¹ ci troviamo di fronte a forme di intolleranza che, alla fine, portano a criminalizzare tutte le minoranze.
La soluzione non ĆØ nello scontro, ovviamente, ma nemmeno nel togliere ogni identitĆ ai popoli, alle loro tradizioni e alla propria storia. Per ora, ripeto, potrebbe bastare il diritto di reciprocitĆ , peraltro giĆ declinato in senso ampio nei Paesi Occidentali: ossia libertĆ di religione (professare un qualsiasi credo, sia in forma privata che in forma comunitaria, la libertĆ di non essere costretti di a professare un culto particolare o anche nessun culto, libertĆ di proselitismo) ma stando nelle regole che la tradizione del Paese ospitante ha dettato per chiunque diventi ācittadinoā. Un compromesso tra aspetto laico e religioso che puĆ² essere la base per future maggiori aperture tra mondi che inevitabilmente, col passare dei secoli, dovranno integrarsi totalmente. Pur mantenendo ognuno le proprie radici.
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