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Il Dio scomodo che scavalca l’indifferenza

La fede mette il dito nelle piaghe della società. “Non abbiamo bisogno di una religiosità chiusa in sé stessa, ma di una fede che entra nella storia, risana i cuori spezzati, sveglia le coscienze dal torpore, suscita domande sul futuro”. La vocazione dei credenti è quella di “spiazzare i calcoli dell’egoismo umano, denunciare le ingiustizie, disturbare le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli”. Francesco testimonia il Magistero sociale attraverso la condivisione: “Un cristiano non è un’isola. Non diventiamo cristiani da soli”.

A conclusione della cinquantesima Settimana Sociale di Trieste, il Papa avverte: “Dio si nasconde negli angoli oscuri della vita e delle nostre città. L’infinito di Dio si cela nella miseria umana”. Da qui l’appello ad impegnarsi insieme per una nuova civiltà di pace e fraternità. La democrazia è in pericolo in tutto il mondo e il cammino imboccato dal Papa è quello della sinodalità che è soprattutto un metodo, una disponibilità a “camminare insieme” e a mettersi nei panni dell’umanità.

Francesco ribadisce che ai laici è affidata la responsabilità di contemporaneizzare il messaggio cristiano e, quindi, il dovere di coltivare una particolare intelligenza della storia e della modernità, utilizzando tutti gli strumenti che la ricerca tecnologica consente, restando padroni di sé, della propria vita e della propria libertà. “Gesù è stato motivo di scandalo perché è rimasto fedele alla sua missione, non si è nascosto dietro l’ambiguità, non è sceso a patti con le logiche del potere politico e religioso – insegna il Pontefice-. Della sua vita ha fatto un’offerta d’amore al Padre”.

In Europa le Chiese sono talvolta sulla difensiva e sulla preservazione dell’esistente e sembrano meno fiduciose sull’opera di Dio nella storia. Francesco è simbolo della vitalità e dello spirito latinoamericano che più che della esatta formulazione dogmatica, particolarmente cara agli europei, si preoccupa della traduzione in azione del messaggio evangelico. Il programma di ogni papa è dato dal Vangelo e dalla sua interpretazione così come si è configurata nella tradizione.

Alla Settimana Sociale Jorge Mario Bergoglio è intervenuto in continuità con i suoi predecessori, ma con elementi di novità. Giovanni Paolo II è stato un grande missionario e un evangelizzatore a livello mondiale, simbolo (anche fisicamente, finché ha avuto buona salute) di una Chiesa che nello smarrimento del mondo moderno, ha certezze da dare e splende come un faro nella notte, trasformandosi in fiaccola che va a portare luce attraverso i viaggi e gli infiniti contatti. Alla sua grande apertura sui problemi sociali ha fatto riscontro una certa rigidità sui problemi familiari e morali, sia per la sua formazione sia per il timore, forse, che aprendo delle brecce in questi campi, franasse poi tutto un edificio morale costruito nei secoli.

La personalità dei papi, come di tutti, è complessa e non è mai di un colore solo. Benedetto XVI ha portato alla Chiesa e al mondo la sua profonda preparazione teologica e di pensatore, cercando di riportare all’essenziale il messaggio evangelico, che talvolta sembra dissolversi nella cultura moderna. Ma la sua immagine è stata in alcune circostanze travisata dall’opinione pubblica: in realtà Joseph Ratzinger è sempre stato attento al pluralismo del pensiero teologico di oggi e al dibattito teologico che ha bisogno di libertà.

Nella pastoralità dell’azione di Francesco e nello sforzo del dialogo con il mondo moderno e anche con i lontani, che alle volte sembrano apprezzarlo più di alcuni più vicini o vicinissimi, che manifestano le stesse paure degli avversari di Gesù che frequentava pubblicani e stranieri e accettava gesti di venerazione da prostitute, quella “in uscita” è una Chiesa che si preoccupa più degli altri che di se stessa. In dialogo prima di tutto con i fratelli separati. Più che una novità è la continuazione, con la stessa tenacia, di tutto il movimento ecumenico che il Concilio Vaticano II ha benedetto e rafforzato con i suoi documenti. Ne è una conferma il cambio di atteggiamento e di linguaggio verso gli ebrei, verso le Chiese non cattoliche e anche verso i musulmani e i fedeli di altre religioni, riconoscendo “semi del Verbo”, cioè elementi di verità e di bontà, anche nella loro fede.

La povertà è al centro del Vangelo e un filone di testimonianza mai interrotto nella storia della Chiesa: ogni movimento religioso, come quello benedettino, francescano, gesuita ha sempre posto la povertà come fondamento della propria spiritualità. E la misericordia è l’attuazione della Scrittura che viene riscoperta come fosse una novità. È innegabile l’affievolirsi nei secoli del messaggio di misericordia divina che invece pervade tutto l’Antico e il Nuovo Testamento. Forse a molti è sembrato che un Dio che prova compassione venisse impoverito. E troppo spesso è stata attribuita a Dio la concezione umana di giustizia, che non è la sua, per fortuna degli uomini.

Questo è lo scandalo, ha ricordato Francesco a Trieste. “Una fede fondata su un Dio umano, che si abbassa verso l’umanità, che di essa si prende cura, che si commuove per le nostre ferite, che prende su di sé le nostre stanchezze, che si spezza come pane per noi – avverte Jorge Mario Bergoglio-. Un Dio forte e potente, che sta dalla mia parte e mi soddisfa in tutto è attraente. Un Dio debole, che muore sulla croce per amore e chiede anche a me di vincere ogni egoismo e offrire la vita per la salvezza del mondo, è un Dio scomodo”.

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don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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