Che Mario Draghi abbia voluto sentire le parti sociali nel suo percorso di Presidente del Consiglio incaricato, credo che sia significativo del suo modo di intendere la politica, cioè che a concorrere al bene comune, al governo del paese, alla costruzione della coesione sociale, sono non solo i partiti, ma anche i corpi intermedi. D’altronde le basi della sua cultura di riferimento sono molto chiare: formato da giovanissimo dai gesuiti, poi con gli studi di economia è stato accompagnato da professori come Federico Caffè e dal premio Nobel Franco Modigliani, tutti e due forti sostenitori delle teorie economiche keynesiane, che dopo le derive liberiste degli ultimi 2 decenni, hanno ripreso vigore come chance valida per curare le nostre disastrate economie.
Io stesso ho potuto notare personalmente in passato l’attitudine di Draghi al rapporto con le parti sociali e ad analisi per nulla lontane dalla cultura delle associazioni del lavoro. Basti rileggere le sue relazioni annuali presso Banca d’Italia per rendersi conto delle abbondanti attenzioni sul salario da incrementare con la maggiore produttività e della necessità di ammortizzatori sociali orientati al veloce ritorno sul posto di lavoro più professionalizzati di prima, concetti assai validi per la nostra congiuntura odierna.
Va ricordato che solo in un altra occasione le parti sociali sono state interpellate durante la fase di costruzione di un governo, e la forma come si sa, spesso è sostanza. Qualcuno ha ironizzato sulla eccessiva quantità dei temi posti a Draghi dalle parti sociali che avrebbero bisogno di grandi quantitativi di denaro e di troppo tempo che non abbiamo a disposizione. Ma va considerato che i soggetti sono tanti quanti sono gli interessi che essi rappresentano e i problemi sono tantissimi e devono comunque essere ricordati e sottolineati. Infatti le associazioni rappresentano l’Italia reale, spesso molto diversa da come il sistema mediatico la racconta. Ma le realtà sociali sanno benissimo che preliminare ad ogni soluzione dei tanti piccoli e diffusi nodi da sciogliere, ce ne sono alcuni la cui soluzione possono consentire una condizione di assorbimento di tutti gli altri.
Ad esempio la veloce ed efficace spendita dei soldi provenienti dall’Europa per la transizione energetica, la digitalizzazione delle attività produttive e civili, la fortificazione del sistema sanitario per rimediare ai scellerati tagli lineari degli anni scorsi. La spesa di questi denari di per se può costituire un momento straordinario per la occupazione immediata e per stabilizzarla in prospettiva: insomma una grande spinta per rimettere in moto il nostro apparato produttivo industriale e dei servizi.
L’altra questione sottolineata da sindacati ed imprese riguarda investimenti in più per gli ammortizzatori sociali ed aiuti in genere per i disoccupati, ma anche un loro ripensamento riguardo la loro finalizzazione a ripreparare il lavoratore a ritornare in azienda. La semplice idea delle parti sociali è, in questi delicati frangenti, proteggere imprese e lavoratori sia essenziale per mantenere integra l’unica è decisiva condizione per proteggere i prioritari interessi nazionali. Sono sicuro che questi concetti espressi dai rappresentanti del lavoro sono gli stessi che ha a cuore Draghi per portare avanti la sua strategia di risanamento del paese.
Per questa ragione il dialogo tra il nascente governo Draghi e i rappresentanti dei lavoratori e delle imprese, potrà diventare una carta vincente per superare le difficoltà avute finora da un sistema politico debole che proprio per questa ragione aveva interrotto ogni confronto concreto con i corpi intermedi. Inoltre il rapporto tra governanti, politica e corpi intermedi, è essenziale per evitare le devianze subite sinora. Ci sono troppi interessi nascosti a che il dibattito sui problemi reali non ci sia, per dare via libera a poteri non responsabili che preferiscono i cunicoli carsici ai confronti alla luce del sole. E magari per dare l’impressione che la discussione nel paese comunque c’è, si apre giornalmente quegli inconcludenti teatrini, quelli si molto sostenuti da gran parte del sistema mediatico che con gli interessi delle imprese e dei lavoratori poco ci azzeccano.