Editoriale

Decreto legge sui “Paesi sicuri”: perché il governo lo ha approvato

Fra i punti all’ordine del giorno, quello dei Paesi stranieri considerati a rischio, era sicuramente il più atteso. Del resto, alla luce del caso Albania, l’esecutivo guidato dalla premier, Giorgia Meloni, non poteva certo deludere le attese. Oggi, più che mai, c’è bisogno di punti di riferimento certi, e non vaghe indicazioni. Il capitolo dell’immigrazione, a livello europeo, continua ad essere un nervo scoperto e solo politiche chiare sono in grado di tranquillizzare gli elettori. Ma anche i partner europei. E non si tratta tanto di frontiere quanto di numeri e controllo dei flussi migratori. L’Italia, da questo punto di vista, non può farsi dettare l’agenda da altri. E anche lo scontro fra poteri rappresenta un tema serio, sul quale era necessario intervenire, prima di innescare troppe reazioni a catena o polemiche strumentali fini a se stesse.

E così il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge in materia di migranti che rende primaria la norma con l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio. In questo modo, secondo l’esecutivo, dovrebbero risolversi i problemi di “scontro” con la magistratura che era intervenuta ordinando il ritorno in Italia dei migranti su cui era stato deciso il trasferimento nei centri in Albania. Il Governo ha spiegato, in una conferenza stampa seguita al Cdm, a cui erano presenti i ministri Mantovano, Nordio e Piantedosi, che la norma approvata sull’elenco dei Paesi sicuri, recepisce “le indicazioni della recente sentenza della Corte di giustizia Ue“. L’elenco verrà aggiornato periodicamente, sempre mediante atto avente forza di legge. Sono stati rimossi i Paesi rispetto ai quali erano previste “eccezioni di carattere territoriale” (Camerun, Colombia e Nigeria). Il nuovo elenco è ora contenuto in un provvedimento con forza e valore di legge, si spiega, “per evitare possibili disapplicazioni fondate su interpretazioni della ‘Direttiva accoglienza” (la quale, tra l’altro, non appare ‘dettagliata e incondizionata’, rimettendo il suo recepimento ai singoli Stati membri)”.

Il provvedimento, come hanno spiegato Nordio e Piantedosi – “nasce da una sentenza della Corte di giustizia europea molto complessa e articolata e anche scritta in francese, probabilmente non è stata ben compresa o ben letta” dai giudici ha spiegato Nordio.”I soggetti sono di cittadinanza incerta e la loro provenienza è dichiarata da loro stessi, non hanno documenti e non c’è nessuna prova che arrivino da determinati Paesi, il che significa devolvere all’arbitrio di queste persone la definizione dei parametri di sicurezza o meno dai quali dicono di arrivare”. Con il decreto legge approvato oggi dal CDM diventa “fonte primaria l’indicazione dell’elenco di 19 Paesi sicuri sugli originali 22: abbiamo tenuto conto dell’integrità territoriale ed escluso Camerun, Colombia e Nigeria” ha spiegato Piantedosi precisando che la lista dei Paesi sicuri “diventa norma primaria e consente ai giudici di avere un parametro rispetto ad un’ondivaga interpretazione. Abbiamo avuto diverse centinaia di casi precedenti di decisioni che non condividiamo e abbiamo legittimamente impugnato. Adesso è norma di legge e offriamo una valutazione fatta per legge“. Dunque una partita che sembrava chiusa, adesso è più aperta che mai, mettendo l’esecutivo nelle condizioni di poter agire nel migliore dei modi, seguendo le proprie linee guida. “Nel momento in cui l’elenco dei Paesi sicuri è inserito in una legge il giudice non può disapplicare la legge, il giudice se ritiene che una legge sia incostituzionale può fare ricorso alla Corte, quindi tenderei ad escludere che possa disapplicarla”, spiega il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, parlando al termine del cdm che ha approvato il decreto legge sulla lista dei Paesi considerati sicuri.

Il Consiglio dei ministri ha varato un altro importante documento. Si tratta del correttivo al Codice dei Contratti Pubblici. Il testo è frutto di una consultazione che il MIT ha promosso lo scorso luglio e che ha coinvolto 94 stakeholders, di cui 77 operatori privati e 17 soggetti pubblici, che hanno presentato circa 630 contributi. Il provvedimento introduce così alcune correzioni a sostegno degli investimenti pubblici, con un focus su dieci macro-temi principali, tra cui equo compenso, tutele lavoristiche, digitalizzazione, e revisione prezzi. Lo fa sapere il Mit, precisando che si tratta di un dossier seguito con particolare interesse dal vicepremier e ministro Matteo Salvini. “È la prima volta che l’ordinamento italiano si dota di un testo in grado armonizzare al suo interno tutte le principali norme che governano i procedimenti di incentivazione: è una riforma storica per il sistema Italia con la partecipazione di tutti gli attori, uniti nel facilitare l’attività delle imprese”, sottolinea il ministro Urso. Per le imprese, ma anche per il Paese, si tratta di un bel segnale.

Enrico Paoli

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