Categories: Editoriale

Un decennio di straordinaria ricchezza spirituale

La Chiesa ha vissuto dieci anni inediti nei quali, all’interno del recinto di San Pietro, abbiamo avuto un Papa regnante e un Papa emerito. Una ricchezza spirituale sorprendente. Con la testimonianza di questi due pastori tanto diversi tra loro eppure tanto uniti da una fraternità straordinaria in tutti i sensi. E ora abbiamo tutti perso un grande Padre della Chiesa, un vero pastore mite e umile di cuore. La stabilità interiore e la fortezza evangelica lo hanno reso una guida sicura e luminosa per la Chiesa e per il mondo.

Benedetto XVI con la sua “fede e ragione” è riuscito a comunicare con tutti, anche con i lontani e con quelle altre religioni che dopo averlo conosciuto più da vicino hanno poi imparato ad apprezzarlo e ad amarlo. Joseph Ratzinger ha chiesto funerali sobri ed essenziali come è stata la sua vita al servizio della Chiesa. Insegnava che la ragione priva della fede rischia di implodere. Una tematica ribadita nel suo testamento spirituale e che già occupava un posto importante nell’enciclica “Fides et ratio” (1998) di Giovanni Paolo II, alla quale l’allora cardinale Joseph Ratzinger diede il suo contributo. Joseph Ratzinger è stato un vero contemplativo da sempre, come studioso è stato animato da un amore appassionato per le lettere unito alla ricerca di Dio.

Il motto benedettino “Querere Deum” ha trovato attuazione nel suo modo di essere. Così come in tutto quello che ha scritto c’era l’uomo di Dio, l’uomo di preghiera, l’alter Christus. La coerente volontà di trasmettere la tradizione apostolica espose Benedetto XVI alle polarizzazioni ideologiche delle opposte correnti: da un lato i puristi della fede contrari a qualunque apertura alla modernità e dall’altro i fautori di un continuo aggiornamento di forme e contenuti dell’appartenenza religiosa. L’inflessibile fedeltà alla dottrina che lungo quattro decenni trasformò Joseph Ratzinger nell’emblema dell’ortodossia cattolica fu motivo di incomprensioni e opposte forzature nella pubblicistica e sui mass media. Sotto il fuoco incrociato delle critiche finirono persino le sue prese di posizione in difesa dei più poveri tra i poveri: i bambini non nati. Il vescovo Joseph ha illuminato la Chiesa con la sua profonda riflessione teologa impregnata della persona di Cristo e del Suo Vangelo. Una cosa non così scontata. nche nelle parole del suo testamento spirituale risuona il fondamentale monito al mondo scientifico che pur essendo importante non potrà mai sostituirsi alla Verità, quella che non conosce tramonto e che neanche la ricerca scientifica potrà mai cancellare dalla storia.

La commozione universale per la scomparsa del Papa teologo e pastore si scioglie oggi nell’abbraccio di popolo al pastore che, Vangelo in mano, ha saputo predicare in modo accessibile anche sui temi più complessi. Alle esequie di Benedetto XVI, ottavo successore tedesco di San Pietro, il mondo si inginocchia all’umiltà profetica dell’infaticabile “cooperatore della Verità” al quale non sono stati risparmiate persecuzioni e ingiustizie, lungo un eroico sentiero di martirio della pazienza. Adesso la cristianità si ferma per rendere omaggio al pensiero teologico limpido e profondissimo che ha orientato e messo al riparo la Chiesa nei marosi del post-Concilio. Se è vero che tradizionalmente le esequie di un Pontefice sono la fotografia fedele dell’affetto devoto che hanno circondato la sua missione, in questi giorni l’addio a Benedetto XVI dimostra quanto radicata sia l’ammirazione per l’insigne maestro di dottrina che in quasi otto anni sul Soglio di Pietro ha saputo reinventarsi un profilo pubblico incontrando milioni di persone e portando a termine decine di viaggi internazionali e in Italia.

Un amore a scoppio rallentato ma poi diventato intenso e irreversibile come testimoniano le lunghe code e l’amore condiviso all’ultimo saluto di Roma e del mondo all'”umile lavoratore nella vigna del Signore”. Scendere dal Soglio di Pietro è stato un modello di servizio alla Chiesa. Un momento inatteso ma divenuto negli anni abituale ha simbolicamente confermato quanto la sua assenza sia stata in realtà, come cantava Fabrizio De André, una più forte presenza. E lo dimostra la visita che gli hanno sempre reso al termine dei concistori i neo-cardinali accompagnati dal Papa regnante Francesco in un viaggio di poche centinaia di metri in realtà di vastissimo respiro spirituale con destinazione il monastero Mater Ecclesiae, divenuto, dopo i due primi mesi di Castel Gandolfo (28 febbraio-2 maggio 2013), la casa e il luogo di ritiro e di preghiera del Papa emerito. Qui è il centro di quel «recinto di San Pietro» nel quale Benedetto XVI, all’atto della rinuncia al pontificato, declinò il suo «per sempre» affidando al servizio della preghiera il suo «modo nuovo di restare presso il Signore». Al suo fianco la piccola comunità del monastero e le Memores Domini. E alla Mater Ecclesiae sono arrivati in pellegrinaggio per quasi un decennio i nuovi principi della Chiesa. Appena ricevuta la berretta cardinalizia, hanno sentito la necessità di interiore di pregare con Joseph Ratzinger, come successore di Pietro ma anche come sommo teologo che per decenni ha segnato il percorso di formazione di generazioni di seminaristi divenuti poi classe dirigente nella Chiesa a cavallo tra i due millenni. Accompagnati dal Papa regnante Francesco che ha saputo trasformare la presenza in Vaticano del suo predecessore in un dono per la cristianità: “E’ come avere il nonno saggio in casa”. Resterà la sua sollecitudine di pastore e i suoi testi di dottrina talmente nitidi e potenti nell’esegesi delle sacre scritture da diventare libri di testo persino nelle facoltà teologiche della Chiesa ortodossa. Ammirazione intellettuale delle élite e devozione popolare poggiano su un carattere mitissimo eppure straordinariamente solido. Quello di autentico uomo di Dio.

Benedetto XVI è stato avversato dalle tenebre di quel mondo che non sopportava il suo magistero perché scendeva in profondità toccando le corde del cuore ma anche illuminando la ragione. Tutte le azioni contro il Pontefice sono state la conseguenza dell’opera nefasta e crudele di questi servi del maligno che non tolleravano l’umiltà e quindi l’intelligenza del Vicario di Cristo. Lo sfregio più inconcepibile è stato negargli la possibilità di parlare all’Università La Sapienza di Roma. Una pagina che si tende a dimenticare ma che di fatto fu un autogol di chi contraddiceva la missione democratica, dialogante e aperta dell’insegnamento. E cioè confrontarsi senza mai escludere o impedire di diffondere una saggezza diversa e lontana dalla propria visione del mondo. Quante cattiverie e quante calunnie ha dovuto accogliere spesso senza neanche potersi difendere. Questa è la comune storia di tanti Pontefici che entrano nei molteplici vortici di quel mondo che resta in superficie e giudica per sentito dire o addirittura inventa teorie solo per il sordido piacere di diffondere il male. Ma Benedetto XVI con le esequie di oggi non muore più e non smetterà di insegnare e sollecitare le coscienze dei tanti studiosi, dei seminaristi, dei cercatori di Dio affinché siano veri seguaci di quel Gesù che lui ha amato tanto, fino alla fine.

don Aldo Buonaiuto: Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata