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Per una nuova cultura della cura e della fragilità

C’è un nuovo modo di intendere la Cura, un approccio integrato di contrasto alla fragilità, che si basa sull’idea di una visione complessiva della persona fragile e del suo nucleo familiare di appartenenza e di una risposta che riesca a soddisfare globalmente ed unitariamente i bisogni di cui è portatrice, facendo fronte anche alle situazioni di emergenza e generando un’azione costante ad elevato impatto sociale e culturale.
Il tempo che stiamo attraversando, sta progressivamente generando nuove solitudini, che colpiscono primariamente le persone più fragili e indifese e richiedono un nuovo protagonismo delle Comunità, una valorizzazione delle reti informali, una ritorno al dialogo fra le persone.

Lo stato di fragilità, infatti, è determinato da più fattori, mentre la società, l’economia e la politica hanno imposto un sistema settoriale, che, intervenendo su uno solo di quei fattoti, o intervenendo in maniera settoriale, porta ad un risultato parziale e non duraturo.
Occorre, pertanto, costruire un modello che consenta ad ogni persona di vivere nel proprio contesto di relazioni, anche quando la fragilità è pesante e duratura. E ciò significa anche sostenere quel caregiver che si prende cura di chi è più fragile, occorre che l’intero nucleo familiare o piccola comunità siano integrate in un unico progetto.

Il progetto va improntato ad un welfare di prossimità, proponendo un metodo che prevede l’intervento sul nucleo familiare, preso in carico nel suo complesso, agendo in contrasto alla povertà educativa, alimentare, socio-sanitaria, economica ed integrando le risorse disponibili sui territori, mettendole a sistema ed evitando il più possibile frammentazione e sovrapposizione degli interventi, e dunque di spreco delle risorse pubbliche o private che siano.

Questo approccio è coerente con l’art 4 -bis della legge 77/2020 che così recita “Al fine di realizzare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della salute, sulla base di un atto di intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, coordina la sperimentazione, per il biennio 2020-2021, di strutture di prossimità per la promozione della salute e per la prevenzione, nonché per la presa in carico e la riabilitazione delle categorie di persone più fragili, ispirate al principio della piena integrazione socio-sanitaria, con il coinvolgimento delle istituzioni presenti nel territorio, del volontariato locale e degli enti del Terzo settore senza scopo di lucro. I progetti proposti devono prevedere modalità di intervento che riducano le scelte di istituzionalizzazione, favoriscano la domiciliarità e consentano la valutazione dei risultati ottenuti, anche attraverso il ricorso a strumenti innovativi quale il budget di salute individuale e di comunità.”

La flessibilità dell’approccio narrato – sostenuto da scelte politiche, sociali ed economiche chiare e coerenti, consente di agire concretamente ed efficacemente, di pensare ad un “Budget di comunità”, che contiene linee di intervento diverse e individualizzate e di rendere compartecipi attori con profili diversi, sempre ponendo al centro la Persona, per promuovere il benessere complessivo della persona e del nucleo familiare, attraverso la creazione dei punti di accesso di prossimità (Hub di prossimità) presso cui le famiglie possono trovare personale specializzato in grado di istruire pratiche di accesso alle prestazioni, trovare eventuali fondi per le prestazioni da erogare a soggetti che non possono sostenerne i costi.

L’effetto immediato di questo approccio è il contrasto dell’isolamento e dell’istituzionalizzazione delle persone più fragili, che, non dimentichiamolo, sono risorse importanti per un tessuto comunitario equilibrato, spesso sono detentori di storia, memoria, relazioni affettive importanti.

Il coinvolgimento della Comunità di riferimento è un elemento centrale per la buona riuscita dell’approccio proposto, perché vengono recuperate le reti familistiche e comunitarie di prossimità, che nei decenni passati hanno assicurato un’attenzione e una cura degli elementi più fragili delle stesse.

Vale quanto ci ha consegnato Papa Francesco in occasione del discorso di inizio anno in occasione della Giornata mondiale della Pace, ovvero che la cura è promozione della dignità e dei diritti della persona. «Persona dice sempre relazione, non individualismo, afferma l’inclusione e non l’esclusione, la dignità unica e inviolabile e non lo sfruttamento». Ogni persona umana è un fine in sé stessa, mai semplicemente uno strumento da apprezzare solo per la sua utilità, ed è creata per vivere insieme nella famiglia, nella comunità, nella società, dove tutti i membri sono uguali in dignità. È da tale dignità che derivano i diritti umani, come pure i doveri, che richiamano ad esempio la responsabilità di accogliere e soccorrere i poveri, i malati, gli emarginati, ogni nostro «prossimo, vicino o lontano nel tempo e nello spazio”.

Siamo giunti ad un “punto di non ritorno”, rischiamo di polverizzare la società e di annientare il concetto già così precario di Comunità, di cadere in uno stato depressivo dal quale sarà molto difficile rialzarsi. Ci resta la possibilità di prenderci cura gli uni degli altri, puntando alla Cura come Bene comune, come superamento delle solitudini e delle contrapposizioni fra chi (pochi) sta bene e chi (tanti) non ce la fa.

Possiamo farlo se ci rendiamo consapevoli che non basta un vaccino per guarire i mali dell’umanità, perché dopo il coronavirus arriverà un altro virus (non necessariamente sanitario) a mettere in crisi le apparenti sicurezze che pensiamo di avere.
Il vero ed unico antidoto ai virus dell’umanità è la Fraternità, unico modo attraverso cui il bene personale coincide con il bene comune e ci offre una prospettiva futura di bene.

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