Quelle giornate d’agosto sotto la Croce di Tor Vergata

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I Papaboys a Roma. Foto: Papaboys

Gmg giubilare: è passato quasi un quarto di secolo. Dal 15 al 20 agosto del 2000 a Roma la Giornata mondiale della gioventù sintetizzò la preghiera e l’impegno di milioni di giovani che nella Croce hanno riconosciuto il segno semplice e sacro dell’amore di Dio per l’umanità. “Apriamo queste giornate sotto lo sguardo di Maria Santissima, che oggi contempliamo Assunta in Cielo: l’esempio della giovane Vergine di Nazareth vi aiuti a dire ‘sì’ al Signore che bussa alla vostra porta e desidera entrare e prendere dimora in voi- disse il 15 agosto Karol Wojtyla in Laterano-. Mentre in questi giorni vi offrite vicendevolmente accoglienza, sentite la sua materna vicinanza, lasciatevi disporre da Lei ad accogliere Cristo, Colui che già l’Antico Testamento presenta come ‘Padre per sempre, Principe della pace’. Ed ora, carissimi giovani romani ed italiani, vi chiedo di trasferirvi idealmente con me alla Tomba dell’Apostolo Pietro, dove vado a dare il benvenuto, anche a nome vostro, a quanti sono arrivati a Roma da ogni parte del mondo per celebrare e vivere il Giubileo dei giovani“.

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Fonte: diocesi di Roma

Fu tutto questo il Giubileo dei giovani del 2000. Fu quello straordinario incontro di Giovanni Paolo II con due milioni di giovani a Tor Vergata: a conferma ch’era cresciuta l’attenzione reciproca, l’amicizia, ma anche un’intesa profonda, tra le nuove generazioni e il Papa, che comunque non esitò a chiedere ai giovani una scelta radicale di fede e di vita, fintanto a diventare “sentinelle del mattino”. E ancora, il Giubileo fu quel pellegrinaggio di Karol Wojtyla lungo l’itinerario della storia della salvezza. Il Sinai e il monte Nebo. Poi i luoghi della nascita e della vita di Gesù: Betlemme, Nazareth. Così, il Papa andò in terra palestinese, ma anche al Muro del Pianto, il sacrario dell’ebraismo, e alla Cupola della Roccia, uno dei posti più venerati dai seguaci dell’Islam. E, soprattutto, il Giubileo fu un’occasione di grande spiritualità per il popolo cristiano. Milioni di fedeli passarono attraverso la Porta Santa, a Roma ma anche, quella volta, nelle loro Chiese. E, insieme, il Giubileo fu un’occasione per la riscoperta e il rilancio della “rivoluzione” – perché, sotto certi aspetti, era stata davvero così – del Concilio Vaticano II.

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La grande Croce di Tor Vergata. Foto: Gmg

Dalle celebrazioni giubilari, era riemersa quell’immagine di Chiesa – una Chiesa più concentrata sulla parola di Dio, sull’annuncio del Vangelo, “casa e scuola di comunione” – che era stata delineata dal Concilio. E adesso, nella lettera apostolica Novo millennio ineunte che ricapitolava quanto era avvenuto con il Giubileo, Giovanni Paolo II riproponeva quel progetto di Chiesa. “Dobbiamo prendere il largo”, scriveva. Dunque, sembrava venuto il momento per completare quella nuova immagine di Chiesa, perché ritornasse a essere espressione trasparente della comunione e della responsabilità di tutti i suoi figli. Insomma, una Chiesa dove si potesse finalmente “vedere” la preminenza della dimensione del mistero rispetto a quella della istituzione. Una Chiesa dove venisse finalmente cancellata ogni traccia di clericalismo, e si ristabilisse quella “parità” che, in forza dello stesso battesimo, esiste fra tutti i membri del popolo di Dio, chierici e laici. Una Chiesa che fosse aperta a ogni cultura, a ogni esperienza, e che vivesse realmente la propria universalità. In fondo, scriveva papa Wojtyla, “non si tratta di inventare un ‘nuovo programma‘. Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione”. Ebbene, a giudicare dalla massiccia partecipazione al Giubileo, i cristiani sembravano pronti a cominciare questo nuovo tratto di cammino. Un cammino che aveva tutte le premesse e le caratteristiche di un cambiamento profondo.