Partire da ciò che unisce piuttosto che da ciò che divide. E’ questa la vocazione del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. La spinta ecumenica di Francesco trae origine da tre fattori. Il convincimento che, in forza dello stesso Vangelo, può esistere un ecumenismo di fatto che viene prima di quello dottrinale. La ricerca concreta e continua del dialogo, figlio di una ispirazione ed un coraggio fuori dal comune. L’ethos, lo stile di vita fatto di semplicità e di affetto nei confronti di ogni persona umana. Soprattutto verso i sofferenti e i poveri. Una triplice impronta che conforma in maniera più evidente il pontificato di Jorge Mario Bergoglio allo spirito evangelico. A Interris.it il missionario scalabriniano padre Gaetano Saracino ha recentemente ricordato i quattro verbi del “prendersi cura” secondo Francesco. Accogliere. Proteggere. Promuovere. Integrare.Nella missione di Francesco incide un’esperienza determinante. E cioè il vissuto extra romano che lo ha realmente posto a contatto e in dialogo con i fratelli di altre confessioni. Questi sono i pilastri che sospingono il dialogo ecumenico. Rimuovendo non pochi ostacoli nei rapporti tra cattolici e altre confessioni cristiane. Uno dei gesti ecumenici più efficaci, Francesco lo ha compiuto a Gerusalemme, sul Santo Sepolcro, abbracciando Bartolomeo, il patriarca di Costantinopoli. Esattamente come aveva fatto cinquant’anni prima Paolo VI con Atenagora nel corso del pellegrinaggio in Terra Santa. Il suo non è stato un semplice gesto commemorativo. Ma un vero e proprio tentativo di risveglio. L’abbraccio di allora portò fulmineamente alla cancellazione delle reciproche scomuniche che duravano dal 1054, anno dello Scisma tra Oriente e Occidente. Paolo VI inseguiva il soffio di quel vento nuovo, appena dopo la fine del Concilio ecumenico Vaticano II. E sembrava addirittura che si potesse arrivare alla condivisione del calice. Ma il pensiero dei teologi era volto a sottolineare più la necessità di arrivare ad un’intesa dottrinale. E ha finito per rallentare, se non fermare, il cammino ecumenico. Facendo sì che i piccoli passi non venissero nemmeno avvertiti dal popolo di Dio. Papa Francesco, secondo l’analisi di padre Saracino, ha voluto riprendere questo stallo. E lo ha smosso alla luce di gesti concreti. Come la possibile visita al patriarca in Russia, il calendario liturgico comune. La data della Pasqua.
Altro momento forte verso l’unione tra i cristiani è stato la visita alla comunità pentecostale di Caserta. Dove Jorge Mario Bergoglio è andato oltre l’ecumenismo dei rapporti personali. Marcando quello delle origini. Basato sullo scambio e sulla cooperazione fraterna. Senza dimenticare le aperture rese possibili dalla svolta ecumenica del Concilio Vaticano II. Anche l’incontro inter-confessionale di Caserta è stato l’occasione per confermare come in questi anni si stia facendo avanti l’idea dell’ecumenismo di fatto. Insomma il Vangelo è lo stesso. E Jorge Mario Bergoglio punta a questo. Al compagno di strada, al fratello nella stessa fede.
Ognuno deve affidare vicendevolmente il cuore. Senza sospetti e senza diffidenze. Sbaragliando ossessioni e stratificazioni della storia, non sempre limpide. Con un approccio più biblico, meno ecclesiastico e più pastorale, anche alla teologia e alle rigidità del diritto. Nel celebrare la prima settimana ecumenica del suo mandato, papa Francesco ne ha parlato spiegando che Cristo non può essere diviso. Perché Cristo nessuno lo possiede, nemmeno le Chiese, e perché Cristo lo si dà. Quindi ciò che conta non sono le discussioni. Ma la testimonianza.