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Crisi o conversione? La risposta di Francesco

La Chiesa di Francesco accompagna con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta.  Nel magistero della misercordia di Papa Francesco la gravissima crisi sanitaria in atto può diventare l’occasione straordinaria per una conversione e per maturare una coscienza sofferta dell’insostenibilità di un sistema economico che è causa di disuguaglianze profonde, sia a livello planetario che a livello locale, e che semina morte. L’emergenza interroga la fede e la rende più personale, ma sta anche mettendo in evidenza come tutto sia connesso e sta rafforzando i legami comunitari, nazionali e internazionali e pure quelli ecclesiali. In pandemia potrebbe nascere una nuova fraternità universale sulla quale Papa Francesco insiste molto. Durante il lockdown il Pontefice, nelle omelie a Santa Marta, ha auspicato più volte che questa conversione riguardi anche i politici e gli uomini e le donne che governano gli Stati. Dalla sua storia personale Jorge Mario Bergoglio ha imparato che i personalismi, le decisioni brusche e gli autoritarismi stancano e non portano lontano. Se n’è accorto quando, diventando vescovo, iniziò a lavorare con i poveri di Buenos Aires.

Per questo le sue attenzioni sono prima alle persone che non alle strutture preposte. Non categorie sociologiche, ma luoghi dove essere Chiesa e far vivere il messaggio evangelico. Se parla della donna è perché ha ascoltato realmente le donne di Plaza de Majo in Argentina; se parla di periferie è perché la Settimana Santa, anche da vescovo, la celebrava nei barrios; se parla di migranti è perché ha dovuto accogliere peruviani, boliviani e paraguayani giunti a Buenos Aires e finiti nel vortice della spaventosa crisi argentina del 2003. Questa è la chiesa nel mondo contemporaneo della costituzione pastorale Gaudium et Spes che papa Francesco promuove. Esplicito è il richiamo in alcune sue espressioni come quella di vescovo e popolo che in lui ha molta pregnanza perché parla da vescovo che ha servito solo due diocesi: quella di Buenos Aires e quella di Roma. A papa Francesco non è appartenuta la dinamica molto poco chiara e teologicamente poco ispirata del cambio frequente di diocesi, da parte di alcuni vescovi. Pertanto questa ricerca continua del contatto fisico e verbale con le persone è l’espressione di una fedeltà ad una sposa avuta in dono, ma rivela anche la convinzione di chi ha conosciuto l’efficacia di una Chiesa che si realizza tra popolo e vescovi ad Aperecida, dove i vescovi latinoamericani erano riuniti, mentre il popolo pregava. Questa è la Chiesa della Lumen Gentium. E ancora oggi, con parole e gesti, Jorge Mario Bergoglio sottrae il Concilio Vaticano II alle narrazioni ideologiche, per presentarlo sempre come terreno comune per le diverse sensibilità culturali e politiche, in modo da resistere a settarismi e a revisionismi. Da qui l’ascolto fatto di incontri con le frontiere fisiche e geografiche e con mondi altri che rappresentano le sfide contemporanee, con la ricerca costante del dialogo, con richiami ai movimenti ecclesiali ma anche ai pastori e ai vescovi.

Un compito tutt’altro che concluso. Solo poco più di un anno fa Papa Francesco ha firmato un documento con il Grande Imam di Al-Azhar sulla fraternità universale che presuppone la fede in un unico Dio Padre e Creatore di tutti, e l’interconnessione degli esseri umani, che compongono un’unica famiglia, con la casa comune del creato. A partire da questo presupposto, il pontificato della misericordia invita alla connessione solidale con tutti, soprattutto con i poveri, gli emarginati e i deboli.  Secondo Francesco, medici, infermieri e volontari stanno dando a tutti un grande esempio di generosità e di alto senso di responsabilità in questa emergenza. Da parte loro organizzazioni non governative, associazioni laicali e semplici cittadini sono impegnati in una vera e propria gara di solidarietà. Uno stile di vita più solidale è già in atto durante questa emergenza. La ripresa post-pandemia è già lanciata dalla generosità e dalla solidarietà di tanti. “La Chiesa sta svolgendo un ruolo molto positivo in questa emergenza planetaria, la Cei sta già destinando molte risorse economiche dell’8×1000 alla pandemia- osserva il gesuita padre Pino Di Luccio, docente di Sacra Scrittura e decano della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale-. Un altro segno importante potrebbe essere quello di mettere a disposizione come già sta avvenendo e in misura ancora maggiore immobili (o parti di immobili) che le diocesi, le parrocchie, le congregazioni religiose non utilizzano, per l’accoglienza di persone e famiglie, italiane e straniere, che sono sulla strada o che vivono un grande disagio abitativo“. La Chiesa di Francesco parte dalle situazioni concrete delle famiglie di oggi, tutte bisognose di misericordia, cominciando da quelle più sofferenti. E’ questa, attesta il teologo scalabriniano don Gaetano Saracino, la lezione conciliare. Con il cuore misericordioso di Gesù, la Chiesa è accanto e al servizio dei più bisognosi nella tragedia individuale e collettiva del Covid-19.

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