“Tenere quota 500mila”, questo il motto della terza edizione degli Stati generali della natalità, tenutesi 11 e il 12 maggio a Roma. Il numero indicato si riferisce alle nascite annuali ovviamente, ed è la soglia sotto la quale il popolo italiano è destinato alla marginalità e all’impoverimento nella migliore delle ipotesi e secondo stime più nefaste alla scomparsa.
Per comprendere a pieno l’inverno demografico attuale basta dire che fino ai primi anni Settanta in Italia nascevano oltre 900mila bambini ogni anno, nel 2022 siamo invece scesi sotto la soglia dei 400mila, per l’esattezza ne sono nati 393mila. E le cose sono destinate ad andare sempre peggio perché ogni anno si riduce il segmento delle donne in età fertile, perché appartenenti a generazioni che hanno già subito il calo demografico.
Affrontare il dramma delle culle vuote diventa quindi una priorità e questo lo sa bene la Fondazione per la natalità guidata da Gigi De Palo e il Forum delle famiglie che hanno organizzato l’evento di Roma, sapendo mettere intorno dei tavoli di lavoro rappresentati della politica, amministratori pubblici di ogni livello, esponenti del mondo produttivo e delle aziende, della cultura e dell’intrattenimento, esperti di welfare e demografi.
Ieri, il secondo giorno dei lavori è stato aperto dalla visita di Papa Francesco che ha pronunciato un discorso che è suonato come un’esortazione a creare una società a misura di famiglia, per mettere i giovani nelle condizioni di aprirsi alla vita. Francesco ha toccato il cuore del problema che è di natura antropologica, perché solo la nascita di una nuova vita sa colmare il deserto creato dall’egoismo degli uomini.
“La nascita dei figli è l’indicatore principale della speranza di un popolo”, ha evidenziato Papa Francesco parlando davanti al premier Giorgia Meloni. Il pontefice sprona quindi governati e famiglie ad alimentare una speranza generativa per dare fiato a desiderio dei giovani di fare figli. Il Papa chiede di rendere il paese un posto migliore soprattutto per le donne lavoratrici ma non si limita ad esortare il varo di politiche pro family. Francesco coglie le distorsioni di una società individualistica e fluida che pone la soddisfazione personale ed effimera sopra ogni altra cosa, e per dare contezza dello stravolgimento del sentire comune racconta delle donne che portano i cani nel passeggino.
Forza della visione cattolica e delle soluzioni che ne scaturiscono emergono quindi in questo evento. Perché il Papa e le associazioni famigliari sanno bene che l’uomo e la donna sono ancorati ai tempi che vivono e che una società più giusta non può esimersi dall’andare incontro alle esigenze materiali delle famiglie, ma allo stesso tempo la Chiesa punta i riflettori sulle verità antropologiche e sulla necessità di nuova narrazione culturale che torni a valorizzare la bellezza della famiglia.
D’altra parte misure fiscali per la natalità e di conciliazione lavoro-famiglia possono nascere solo in una ambiente politico e sociale che riconosce il valore intrinseco della famiglia. Servono azioni pratiche e una nuova consapevolezza culturale aperta alla vita se vogliamo invertire un trend mortifero che rischia di trasformare l’Italia in un deserto senza bambini.