Fa discutere in queste ore il post su facebook di una nota politica della maggioranza che evoca l’amore per la famiglia, la nazione e i genitori al fine di richiamare tutti a comportamenti responsabili per limitare il contagio del Coronavirus. La stessa senatrice delle Repubblica pochi mesi prima aveva esposto un cartello in cui additava con parole irripetibili coloro che mettevano tra i loro principi Dio – Patria – Famiglia.
L’atteggiamento della parlamentare è emblematico di un cambio di paradigma che sta già iniziando a serpeggiare tra le coscienze scosse dalle privazioni, dalle rinunce e dai lutti che colpiscono tutta la società. Molte di quelle che fino a un mese fa consideravamo priorità inderogabili oggi restano ampiamente sullo sfondo difronte alla negazione del rapporto di prossimità con parenti, amici, colleghi di lavoro, genitori e membri della comunità locale. Quello che davamo per scontato diventa lontanissimo e inaccessibile. Per i credenti si aggiunge il dolore della mancanza delle Messe, dell’Eucarestia, della confessione e dei momenti di preghiera comunitari anche se la Chiesa cerca di offrire vicinanza e solidarietà attraverso tutti canali della comunicazione digitale.
In questa situazione senza precedenti tutti noi ci confrontiamo con maggiore profondità con le grandi domande di senso della vita. Anche la morte torna nell’orizzonte della discussione pubblica dopo era stata rimossa in nome di quella visione positivista dell’uomo onnipotente. Si riscopre quindi che tutto il fondamento della fede cristiana sta nella liberazione dalla morte e nella vita eterna. “Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede” dice San Paolo nella prima lettera ai Corinti. Dunque la promessa fatta da Gesù colma di nuovo tutto l’orizzonte del fine vita, così come l’azione del personale sanitario credente che, ogni giorno, si prende cura dei pazienti che affrontano la fase terminale della propria esistenza.
Con atti di vero eroismo nei reparti in prima linea, i medici non si risparmiano a rischio della propria salute per salvare ogni vita, di ogni età e condizione di salute pregressa. Rivendicazioni sbandierate a gran voce quali il suicidio assistito, l’eutanasia e il cosiddetto diritto alla morte sembrano appartenere ad un’altra era geologica, mentre i camici bianchi lottano come leoni facendo fede al giuramento di Ippocrate.
La Chiesa, dal Papa all’ultimo dei sacerdoti di provincia, sta offrendo una lettura verticale di tutta questa vicenda. Un punto di vista non apocalittico o superstizioso ma che coglie una riconsiderazione antropologica teologicamente fondata, che, come ha osservato il responsabile della pastorale sanitaria della diocesi di Brescia don Maurizio Rinaldi, “viene a riconfigurarci come umani, che viene a dirci di nuovo la nostra grandezza e il nostro limite”.
Gli eventi scuotono lo scetticismo laicista ma non possono non interrogare anche coloro che sottovalutano la questione del tutela del creato. Studi accreditati fanno risalire l’origine del virus ai pipistrelli che hanno invaso molte città della Cina a causa della deforestazione. Sembra certo poi che la velocità e la virulenza dei contagi sia maggiore nelle aree molto inquinate come la Pianura Padana, poiché le molecole di Covid-19 sono trasportate dalle polveri sottili presenti nell’aria. Non si tratta però di aderire ad un ambientalismo senza l’umano ma di far tesoro di questi insegnamenti per tornare migliori di prima e metterci nella direzione dello sviluppo integrale dell’uomo rispettoso del diritto naturale.