L’alterazione della coscienza individuale e collettiva è il frutto avvelenato di quella dittatura del relativismo da cui Benedetto XVI mise in guardia i fedeli fin dall’inizio del suo pontificato. L’opinabilità delle “acquisizioni” si è spinta al paradosso di mettere in discussione persino i pronunciamenti della scienza per l’umanità e della dottrina per i credenti. Lo sconcerto è provocato nell’opinione pubblica da coloro che speculano sulla confusione che trasforma la contemporaneità in una pericolosa riedizione della biblica torre di Babele. L’assenza di filtri critici e di adeguata preparazione “autorizza” chiunque a improvvisarsi esperto in qualunque ambito della conoscenza. Ne abbiamo quotidiana rappresentazione nello scempio che viene perpetrato ogni qualvolta il magistero pontificio o la medicina esprimono rispettivamente e spesso congiuntamente fides et ratio.
Proprio la storica enciclica di San Giovanni Paolo II sintetizza, per dirla con l’arguto cardinale Giacomo Biffi, di essere “credenti e non creduloni”. Invece, purtroppo nella vita virtuale e in quella reale è tutto un florilegio di false citazioni, inesistenti teorie, astrusità giustificate con la implausibile spiegazione che “tutti posso occuparsi di tutto”. Non è cosi! In realtà ognuno di noi ha la responsabilità di approfondire attraverso fonti accreditate senza imbarcarsi in rischiose scorciatoie lungo le strade minacciose della falsa onniscienza dei social della rete. Prestare attenzione a quali sono le sorgenti delle presunte notizie “esplosive” ci permetterebbe di scongiurare le continue buche nelle quali invariabilmente finisce per precipitare chi si affida alla cultura “fai da te”.
Un uomo autenticamente colto come San Paolo VI ebbe l’umiltà di definire la barca di Pietro da lui guidata “esperta in umanità”. Se ne ricordino i nuovi dottori della legge che pretendono di insegnare catechismo ai Pastori disorientando così il gregge. Penso a come il nazismo aveva la folle determinazione di eliminare tutti coloro che erano ritenuti inutili e dannosi. L’olocausto dei nostri fratelli è stato un mostruoso “unicum” nella storia ma la mentalità venefica di marchiare i fragili è sopravvissuta alle camere a gas. Ormai è più di un anno che si sente sui mass media precisare l’età media dei defunti per Covid, come se fosse meno grave la pandemia perché miete molte sue vittime tra gli anziani. La soglia di sopportazione etica della nostra comunità tollera ciò che fino a qualche anno fa avremmo ritenuto aberrante. Ne tengano conto anche le istituzioni a tutti i livelli perché, come ha evidenziato ieri al Senato il Presidente del Consiglio Mario Draghi, c’è una credibilità che i governanti dentro e fuori i confini nazionali devono recuperare.
Basta quindi con gli annunci di aiuti economici colossali e di quantitativi sbalorditivi di vaccini in arrivo. La gente ha bisogno di essere informata su ciò che realmente sta accadendo, senza produrre illusorie aspettative che poi vengono sistematicamente deluse. Come è accaduto alla pensionata che mi ha raccontato di essersi informata per la sua vaccinazione e che si è sentita rispondere che l’avvio delle somministrazioni per gli over settanta era una fake news diffusa sul web.
Per essere autorevoli occorre essere credibili. E non è accettabile che alcune categorie professionali vengano prima nella immunizzazione rispetto ai disabili e ad altri soggetti particolarmente vulnerabili al Covid. In guerra ci sono stati esempi luminosissimi di testimoni della carità che hanno pagato con la vita (basti pensare a San Massimiliano Kolbe nei lager) il loro mettersi nei panni dei più sofferenti. Qui al contrario in tanti fanno a gara per cibarsi del pane che può tenere in vita l’affamato. Addirittura c’è chi di questa illecita corsia preferenziale si fa vanto con il nuovo feticcio: la coscienza alterata che trasforma un privilegio in uno scalpo da ostentare.