Sant’Agostino descrive il primo dei sette segni che Gesù compie nel Vangelo di Giovanni come simbolo dell’opera che nasce quando accogliamo il Signore nella nostra vita: «Anche noi eravamo acqua e ci ha convertiti in vino, facendoci diventare sapienti; gustiamo infatti la sapienza che viene dalla fede in lui, noi che prima eravamo insipienti» (S. Agostino, Omelie su Giovanni, 8).
Siamo chiamati ad avere l’atteggiamento della Vergine Maria alle Nozze di Cana davanti a suo figlio, che sembra non volerla ascoltare. La Sua fiducia è più grande dell’apparente rifiuto di Gesù: «Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Questa è la fede: aprirsi alla Speranza, non dubitare che il Signore lasci senza una risposta le nostre domande più profonde.
È questa fiducia, che possiamo chiamare anche abbandono a Cristo, di cui abbiamo tutti bisogno. Soprattutto di fronte ai fatti della nostra vita che non comprendiamo, quando ci sembra che Dio non ascolti le nostre preghiere.
Confidare nel Signore, affidarsi alla Sua provvidenza, è accettare che non possiamo sempre capire i disegni di Dio, ma che questi ci condurranno al nostro vero bene. Per questo il miracolo di Gesù avviene nel contesto di un matrimonio: rappresenta lo sposalizio tra Cristo e la sua Chiesa, la vittoria sulla morte che Gesù ci ha guadagnato versando il suo sangue sulla croce, per donarci la risurrezione.
Il segno che Gesù compie in questo Vangelo di Giovanni, il miracolo del vino nuovo di Cana, così si ripete nella nostra vita ogni volta che non dubitiamo del Signore, quando, come Maria, ci affidiamo a Lui.
Accogliamo allora l’invito di Sua madre e se faremo quello che ci dice Cristo, il vino che oggi forse ci manca, il buio che stiamo vivendo nella nostra vita, in cui tutto sembra senza sapore, come l’acqua, verrà trasformato da Lui in qualcosa di molto più bello, meglio di come noi lo potremo immaginare.