L’affermazione di Gesù nel Vangelo di questa domenica è rivolta anche a noi: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.
I soldi, come gli affetti, sono infatti gli aspetti più difficili da dominare. Solo l’uomo che ha incontrato Cristo ha imparato a non essere schiavo di questi legami, a valutarli con Sapienza, a dominarli, ha imparato che nulla è più importante del rapporto con il Signore.
Per questo, uno dei segni più chiari per vedere a che punto è la conversione di un uomo, è guardare il suo rapporto che ha con i soldi: chi ha incontrato Cristo nella sua vita ha assaggiato la vera libertà, anche dai soldi, ha scoperto che la vita non gli viene dal possedere, né dall’essere ricercato e ammirato, perché tutto questo passerà presto.
Quando saremo nella difficoltà, nella prova, di fronte alle domande sul senso della nostra vita, nel momento in cui saremo costretti a fare un bilancio della nostra esistenza, a nulla ci serviranno tutte queste “ricchezze” che forse oggi difendiamo con tanta passione, che ci illudono di essere “al sicuro”, oppure che ci angosciano perché i soldi non bastano mai: le case, i conti in banca, così come anche gli applausi di quelli che oggi si inchinano davanti a noi, in quel momento ci sembreranno come immondizia.
Solo il Signore ci può aiutare a non cadere in questo tranello, così da poter rispondere come Gesù, a chi vuole metterci alla prova, che la nostra vita non appartiene ai soldi, non è assicurata dai beni, ma dipende da Dio: così potremo rispondere alla tentazione dei soldi con le parole del profeta Isaia, che ascoltiamo nella prima lettura di questa domenica: uno solo è il Signore, “non ce n’è altri”.