Dice il professor Giuseppe DāAlimonte, stimato politologo della Luiss di Roma, che la situazione del Paese ĆØ tale āda non consentireā alla maggioranza parlamentare āuna sopravvivenza senza governareā. Lāesatto contrario del vecchio detto andreottiano secondo cui tirare avanti alla meno peggio ĆØ sempre meglio che tirare le cuoia. In questo caso ha decisamente ragione dāAlimonte: non siamo ancora usciti dalla pandemia, stiamo timidamente riaprendo porte e saracinesche sapendo che il virus ĆØ in agguato e potrebbe tornare piĆ¹ cattivo che mai, e nello stesso tempo siamo tutti consapevoli del fatto che improvvisamente la grandissima parte di noi si ĆØ ritrovata improvvisamente piĆ¹ povera o quantomeno piĆ¹ incerta e pessimista sul futuro.
CāĆØ stata la discesa collettiva di almeno un gradino nella scala sociale, e quelli che stavano giĆ con i piedi pericolosamente vicini allāacqua perchĆ© giĆ colpiti dalle crisi precedenti, ora sono a bagno. I precari, i lavoratori in nero, gli stagionali, le donne, gli addetti ai settori piĆ¹ colpiti come il turismo e il commercio: i meno garantiti insomma. Questa pace irreale che ancora ci circonda non durerĆ molto, ĆØ bene saperlo. La speranza ĆØ che le provvidenze giĆ decise dal Governo con i primi decreti superino gli ostacoli burocratici e arrivino in fretta nelle tasche di famiglie e imprese. E poi che il decreto in gestazione da 55 miliardi sia approvato con regole piĆ¹ semplici e con decisioni concordi tra i ministri, i partiti e le forze sociali.
Gli industriali chiedono sostegno agli investimenti e non pura assistenza; i sindacati reclamano garanzie e diritti, il governo replica che i fondi sono quelli che sono e che comunque questa manovra ĆØ la piĆ¹ corposa mai attuata da un governo dalla Ricostruzione in avanti. Sia come sia, mai come adesso la rapiditĆ dellāintervento ĆØ fondamentale: se i soldi arrivano troppo tardi le fabbriche, i negozi, gli alberghi, i bar, i laboratori di artigianato, le imprese agricole, le start up dei giovani piĆ¹ intraprendenti chiuderanno, e le piazze potrebbero improvvisamente riempirsi di gente che non ha piĆ¹ nulla con cui andare avanti e nulla da perdere.
Ecco perchĆ© ha ragione dāAlimonte. E da questo punto di vista i mille ghirigori che cominciano ad essere disegnati sulla scena politica circa il destino di Giuseppe Conte e del suo governo, sembrano davvero surreali rispetto alla crisi italiana. O questo governo resta in piedi perchĆ© si ritiene che possa affrontare la turbolenza che ci aspetta, oppure tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione, debbono fare uno sforzo di generositĆ e impegnarsi, sotto la guida del Capo dello Stato e della sua riconosciuta autorevolezza super partes, perchĆ© le cose vadano per il meglio. Se questa ĆØ la premessa, poi le formule di governo e gli organigrammi derivano per conseguenza.
Quello che ci siamo ripetuti dai balconi nei due mesi del lockdown, e cioĆØ che āandrĆ tutto beneā, ĆØ vero solo se saremo uniti, e questo vale anche per i partiti: su questa nave stanno anche loro e le scialuppe di prima classe sono dannatamente poche.