Il magistero pontificio è universale, l’esatto contrario cioè del mondialismo. Nel 1994 la Santa Sede alzò la voce alla conferenza internazionale dell’Onu sulla popolazione e lo sviluppo al Cairo. Come non ebbe esitazioni né timori a contrapporsi al comunismo e al capitalismo, allo stesso modo Karol Wojtyla puntò l’indice contro le croniche inefficienze e i drammatici errori di fondo delle organizzazioni internazionali. La Santa Sede ha sempre riaffermato le profonde motivazioni del progetto biblico di Dio sull’uomo, che è un piano di bontà e di felicità, ribadendo l’immagine del divino che ogni uomo a ogni latitudine porta con sé e sulla natura fondamentalmente relazionale di ogni persona, quindi il campo della sessualità rientra comunque nella sfera sociale, interpersonale e dunque pubblica dell’agire umano.L’agenda programmatica della conferenza dell’Onu, appoggiata da Stati Uniti e Unione Europea, stabilì l’imposizione arbitraria di qualsiasi mezzo per il controllo delle nascite o pianificazione familiare. Per la Santa Sede si trattava di un invito all’immoralità di massa e al libero crimine nel caso dei bambini già concepiti. Giovanni Paolo II non esitò mai a prendere di petto le organizzazioni internazionali, così il 5 ottobre 1995, il giorno in cui viene annunciato il cessate il fuoco nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, prese la parola all’Onu: “Nessuno, né uno Stato, né un’altra nazione, né un’organizzazione internazionale, è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di esistere“. E aggiunse: “Il mondo purtroppo deve ancora imparare a convivere con la diversità. Come gli eventi nei Balcani e nel centro Africa ci hanno dolorosamente ricordato. La risposta alla paura dell’altro non è la coercizione, né la repressione o l’imposizione di un unico modello sociale al mondo intero”.Karol Wojtyla non arretrò di un passo di fronte all’aggressione portata a termine dalla conferenza dell’Onu del Cairo contro il diritto alla vita. “La libertà non è semplicemente assenza di tirannia o di oppressione, né è licenza di fare tutto ciò che si vuole – disse Giovanni Paolo II dal podio dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite –. La libertà possiede una ‘logica’ interna che la qualifica e la nobilita: essa è ordinata alla verità e si realizza nella ricerca e nell’attuazione della verità. Staccata dalla verità della persona umana, essa scade, nella vita individuale, in licenza e, nella vita politica, nell’arbitrio dei più forti e in arroganza del potere. Perciò, lungi dall’essere una limitazione o una minaccia alla libertà, il riferimento alla verità sull’uomo (verità universalmente conoscibile attraverso la legge morale inscritta nel cuore di ciascuno) è, in
realtà, la garanzia del futuro della libertà”.Giovanni Paolo II era convinto della necessità di riformare in profondità l’Onu e, in diversi Angelus, richiamò esplicitamente il personale diplomatico delle organizzazioni internazionali a cambiare strada sui temi bioetici. Per la Santa Sede nel Consiglio di sicurezza serve una migliore rappresentatività. La composizione a quindici membri è stata ritoccata negli anni ’60 e in mezzo secolo i membri delle Nazioni Unite sono arrivati a quasi duecento. Quella vaticana contro il mondialismo è un’illuminante strategia per l’azione della Chiesa nella società, a partire dall’attenzione ai diritti umani e dalla proposta di un umanesimo integrale, aperto al trascendente. Un attivismo per far accettare la legittimità della questione morale in seno ai dibattiti secolari, malgrado l’opposizione di potenti lobbies culturali, economiche e politiche mosse prevalentemente dal pregiudizio verso tutto quello che è cristiano. Il porporato diplomatico Renato Raffaele Martino le ha descritte come nuove sante inquisizioni piene di soldi e di arroganza perché contro la Chiesa cattolica e i cristiani ogni metodo è lecito se serve a zittirne la voce; dall’intimidazione al disprezzo pubblico, dalla discriminazione culturale all’emarginazione. Ne è un esempio la disinvolta e allegra maniera con cui queste lobbies promuovono tenacemente la confusione dei ruoli nell’identità di genere, sbeffeggiano il matrimonio tra uomo e donna, sparando addosso alla vita, fatta oggetto delle più strampalate sperimentazioni.La Chiesa, al contrario del mondialismo che relativizza e divide, unisce e dialoga su scala universale. Il 2 agosto si celebrerà la Giornata del Secam, il simposio delle conferenze episcopali di Africa e Madagascar. La missione dell’associazione è quello di preservare e promuovere la comunione fraterna e la cooperazione delle Conferenze episcopali africane, soprattutto nel campo dell’evangelizzazione, della giustizia e la pace e del dialogo ecumenico e interreligioso. La Secam riunisce 37 Conferenze episcopali nazionali e 8 Conferenze regionali africane. L’associazione fu istituita nel 1969 e inaugurata da Paolo VI nel luglio di quell’anno, in occasione della sua visita pastorale in Uganda, la prima di un Papa nel continente africano. L’idea di creare una struttura continentale, capace di promuovere una visione comune della missione della Chiesa in Africa, era maturata subito dopo il Concilio Vaticano II, quando i vescovi africani espressero la volontà di agire in comunione, superando le loro differenze linguistiche, storiche e culturali.
Il mondialismo anticristiano delle nuove inquisizioni
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