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Educazione e lavoro: le forme del contrasto alla tratta di esseri umani

Il 30 luglio è la Giornata contro la tratta di esseri umani. Le vittime di questo traffico sono le persone più vulnerabili, le donne ridotte alla schiavitù della prostituzione e i bambini che scompaiono nel traffico di minori e nel lavoro minorile.

Tutto il mondo vive questa tragica esperienza del profitto fatto sulla pelle di tanti innocenti. Molti minori non accompagnati arrivano dall’Africa, mentre di centinaia di altri si perdono le tracce, e sicuramente anche dall’Asia e dall’America latina. Il mondo ha perso la bussola, quel riferimento etico-morale che teneva conto dell’importanza dell’essere umano.

Papa Francesco, da sempre paladino della difesa della dignità umana di tutti, soprattutto delle persone più deboli, ha fatto del contrasto alla tratta uno dei temi ricorrenti fin dall’inizio del suo pontificato.

Questo si può realizzare in diverse forme. La prima è l’educazione, bisogna dare un’istruzione ai bambini e alle donne per permettergli di sviluppare i loro talenti. Nei Paesi poveri ci deve essere uno sviluppo che tenga conto dell’istruzione per prevenire la schiavitù.

Nei Paesi dove la Comunità Papa Giovanni XXIII è presente vediamo che attraverso le nostre scuole tanti bambini intraprendono poi un percorso che li porterà a ricoprire un ruolo nella loro società, come insegnanti, medici o avvocati, ma anche operai che mantengono le proprie famiglie

Un altro fattore preventivo essenziale è il lavoro. E’ necessario dare lavoro alle donne e ai giovani quando diventano maggiorenni: vi porto l’esperienza delle gelaterie che abbiamo nel mondo, in Zambia, Sierra Leone, in Bolivia e in Cile.

Diamo lavoro a decine e decine di ragazzi di strada, che prima potevano rappresentare un costo per la società ma con un percorso di recupero hanno iniziato a lavorare e a mantenere le loro famiglie. Un’integrazione nei loro stessi Paesi di origine attraverso il lavoro. Molti amano la propria terra, molti emigrano perché sono costretti.

L’Occidente dovrebbe creare sviluppo nei Paesi più poveri e dimostrare una maggior disponibilità all’accoglienza, con flussi migratori che prevedano la possibilità di dare lavoro e il ricongiungimento familiare.

L’Occidente può fare molto. Bisogna smettere di pensare all’io, al nostro interesse, al nostro piccolo particolare. Dobbiamo pensarci come noi, come popolo, come comunità, come un’unica umanità. Papa Francesco dice che siamo tutti figli di uno stesso Padre. E’ tempo di lavorare per il bene comune e di condividere le risorse del Creato.

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