Editoriale

Contrasto dello sfruttamento lavorativo dei minori: una sfida da vincere con urgenza

A livello globale, sono 160 milioni i bambini e gli adolescenti, tra i 5 e i 17 anni, che subiscono lo sfruttamento lavorativo. Si tratta di bambini e bambine a cui è stata negata l’infanzia, che non potranno ricevere un’istruzione adeguata e che non potranno strutturare la loro personalità in maniera corretta, giocando, interagendo con i loro coetanei e acquisendo nozioni ed esperienze necessarie per avere una vita dignitosa.

Se poi consideriamo che quasi la metà di questa popolazione di lavoratori minorenni, 79 milioni, sono costretti a svolgere lavori duri e pericolosi, abbiamo la reale contezza di un fenomeno che danneggia direttamente la salute lo sviluppo psico-fisico in maniera irreparabile.

Pensare al lavoro minorile nel 2024 rimanda ad altre epoche, all’Inghilterra della rivoluzione industriale raccontata da Dickens o alla Sicilia dei romanzi di Verga, eppure la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, istituita dall’Onu e che si celebra ogni 12 giugno, ci ricorda quanto sia ancora attuale questa piaga e quanto sia importante promuovere il massimo sforzo della comunità internazionale per eliminarla. L’urgenza di questa sfida è messa nera su bianco anche tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo Sostenibile.

Il fenomeno è complesso e multiforme, ci sono i bambini nelle miniere africane, i ragazzini nei cantieri del Sud America, le giovani schiave sessuali del sud-est asiatico e i bambini soldato nell’africa sub-sahariana, ma alcune realtà sono più vicine alle nostre società Occidentali di quanto pensiamo. L’Europa è coinvolta in questo dramma a causa della crescente povertà assoluta. Nel Vecchio Continente il numero totale di minori a rischio povertà è oltre 19,6 milioni, 1 bambino su 4. Una ricerca pubblicata ieri da Save the Children stima che in Italia la piaga del lavoro precoce in Italia ha riguardato nel 2023, in modalità diverse, 336mila minorenni tra i 7 e i 15 anni. E circa 58mila minorenni tra i 14-15 anni sono stati coinvolti in attività lavorative dannose per i percorsi scolastici e per il benessere psicofisico.

Dopo i buoni risultati ottenuti nel contrasto al fenomeno, il lavoro minorile è tornato a crescere dopo la pandemia, quando milioni di genitori in tutto il mondo, spinti dall’indigenza, hanno tolto i figli dalle scuole e li hanno messi a lavorare per contribuire ai fabbisogni familiari.

Ovviamente c’è anche una sfida culturale oltre che economica, è necessario diffondere una cultura della tutela dell’infanzia in tutti gli strati della popolazione mondiale anche in quelle periferie spirituali a cui ha fatto spesso riferimento Papa Francesco. Ma l’impegno di governi e istituzioni deve essere accompagnato da un altrettanto forte presa di coscienza di noi consumatori. E’ fondamentale l’adozione di comportamenti eticamente consapevoli ogni volta che ci accostiamo all’acquisto di un bene o si un servizio. Dobbiamo pretendere che istituzioni internazionali, che regolano la produzione e il commercio, implementino una etichettatura che ci permetta di conoscere come è stato creato un determinato prodotto. Lo si fa per impedire lo sfruttamento degli animali dell’ambiente non si capisce perché non di debba fare per proteggere la cosa più importante che abbiamo, l’infanzia di questo mondo.

Marco Guerra

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