Il Logos, cioè il verbo di Dio che si è fatto carne, e i mass media. Papa Francesco avverte che troppo spesso “oggi la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio”. Troppe volte i mezzi di comunicazione di massa semplificano la realtà per suscitare reazioni istintive. Usano la parola come una lama. Si servono persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire. Il Pontefice ha ribadito più volte la necessità di “disarmare” la comunicazione, di purificarla dall’aggressività. Insegna Jorge Mario Bergoglio: “Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come – dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media – rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica”. Francesco segnala, nel messaggio per la Giornata 2025 della comunicazioni sociali, segnala poi un altro fenomeno preoccupante. Quello che definisce della “dispersione programmata dell’attenzione” attraverso i sistemi digitali. Che “profilandoci secondo le logiche del mercato, modificano la nostra percezione della realtà”. Succede così che “assistiamo, spesso impotenti, a una sorta di atomizzazione degli interessi“.

Ciò finisce per minare le basi del nostro essere comunità, la capacità di lavorare insieme per un bene comune, di ascoltarci, di comprendere le ragioni dell’altro. Sembra allora che individuare un “nemico” contro cui scagliarsi verbalmente sia indispensabile per affermare sé stessi. E quando l’altro diventa “nemico”, quando si oscurano il suo volto e la sua dignità per schernirlo e deriderlo, viene meno anche la possibilità di generare speranza. Come ha insegnato don Tonino Bello, tutti i conflitti “trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti”. Non possiamo arrenderci a questa logica. La Chiesa “comunica” da sempre. Gli apologisti e i Padri come Girolamo, Agostino, Ambrogio si sono serviti degli strumenti dell’oratoria greca e latina per presentare la dottrina della Chiesa e renderla più accettabile e comprensibile a uditori e lettori. Tommaso d’Aquino è ricorso alla filosofia greca per la medesima finalità. La Chiesa è stata sempre molto avveduta nel discernere ed accogliere gli strumenti più opportuni, secondo la regola aurea “est modus in rebus”, per annunciare la Buona Novella. Anche oggi è necessario proseguire su questa linea. Quindi il futuro dell’evangelizzazione e della mistica cattolica consisterà sempre di più nel fare rete con le emittenti radiotelevisive del territorio, con una presenza sui social network e internet.

Jorge Mario Bergoglio auspica una comunicazione che non venda illusioni o paure, ma sia in grado di dare ragioni per sperare. Martin Luther King ha detto: “Se posso aiutare qualcuno mentre vado avanti, se posso rallegrare qualcuno con una parola o una canzone allora la mia vita non sarà stata vissuta invano”. Per fare ciò, secondo Francesco, dobbiamo guarire dalle “malattie” del protagonismo e dell’autoreferenzialità, evitare il rischio di parlarci addosso. Il buon comunicatore fa sì che chi ascolta, legge o guarda possa essere partecipe, possa essere vicino, possa ritrovare la parte migliore di sé stesso ed entrare con questi atteggiamenti nelle storie raccontate. Comunicare così aiuta a diventare “pellegrini di speranza”, come recita il motto del Giubileo. Non basta, secondo Francesco, passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi. Occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. “Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza- avverte il Pontefice-. Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l’umanità. Ed è chiamato ad esprimere tenerezza”. La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. La neutralità dei media è solo apparente. Solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. “Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali“, puntualizza Jorge Mario Bergoglio.