Torna nel cuore dell’Europa il Papa venuto dai confini del mondo e che ha improntato il suo magistero sulla cura delle periferie geografiche e anche esistenziali. Il viaggio apostolico in Belgio e Lussemburgo vedrà Francesco portare il suo messaggio in due Paesi che non solo sono sede delle istituzioni Ue ma che hanno vissuto uno dei processi di secolarizzazione più aggressivi e penetranti di tutto il Vecchio Continente.
L’Europa che è stata culla e motore del cristianesimo per quasi due millenni oggi si trova in pieno declino spirituale, vocazionale e demografico. Il Papa parlerà quindi al cuore di un Continente ancora ricco ma ripiegato su sé stesso, che non è più capace di accogliere la vita. Oltre alle culle vuote, basta ricordare infatti che il Belgio è stato il Paesi pioniere in materia di eutanasia e quello dove oggi avvengono più suicidi assistiti in tutta l’Ue.
Uno dei temi del viaggio sarà dunque la secolarizzazione ma non saranno eluse anche le gradi questioni dell’attualità come la Pace, d’altra parte il conflitto in Ucraina scuote tutta società Europea e vede i figli di due nazioni cristiane uccidersi al fronte. E ancora, il Pontefice affronterà anche la sfida delle migrazioni e del futuro dei giovani.
Illustrando i dettagli del 46.mo viaggio apostolico di Francesco, il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, ha sottolineato che saranno affrontate anche questioni di attualità ecclesiale quali il ruolo del cristianesimo in società in balia di secolarizzazione e indifferenza, il contributo dell’educazione cristiana (il 600.mo anniversario dell’Università cattolica di Lovanio è uno dei motivi del viaggio), e la piaga degli abusi, molto sofferta in Belgio. Il Papa, ha spiegato Bruni, indicherà “cosa il cristianesimo ha ancora da dire alla cultura europea”.
A gettare luce sul significato del viaggio del Papa è stato anche il Segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, secondo il quale sarà una visita che porterà coraggio e speranza in un’Europa che ha “un gran bisogno di riscoprire le proprie radici”. Parolin ricorda che in queste nazioni il cattolicesimo, per quanto formalmente ancora maggioranza, sembra non essere più considerato quale orizzonte di vita e quasi messo ai margini della società”. In questa cornice ci sarà l’occasione all’Università di cattolica di Lovanio di evidenziare lo stretto legame tra scienza e fede, un rapporto che ha reso grande l’Europa e che le ha permesso di sviluppare la tecnica a servizio dell’umano. Bisogna quindi rivitalizzare le radici giudaico cristiane ma soprattutto, secondo il cardinale Parolin, la pastorale della speranza, perché senza “il convincimento profondo dell’aiuto della Provvidenza nelle nostre vite, senza questa apertura all’aiuto che viene da Dio, ogni difficoltà, pur reale, risulterà ingigantita e le pulsioni egoistiche avranno maggiormente il campo libero per imporsi”. Il compito di Francesco è dunque quello condurre noi europei ad alzare di nuovo la testa verso il cielo per trovare quello slancio vitale che abbiamo smarrito.