La fine dell’esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, il sessantasettesimo della Repubblica, conduce inevitabilmente alla conclusione anticipata, sia pure di pochi mesi, della XVIII Legislatura. Con il consueto aplomb istituzionale che ha contraddistinto, fin dai primi atti, il suo impegno istituzionale, il Presidente della Repubblica ha parlato alla Nazione. Dopo aver firmato il decreto di scioglimento delle Camere e quello di indizione delle elezioni delle nuove Camere.
Sebbene sia assai probabile che in cuor suo abbia provato rammarico e stupore per l’epilogo di una legislatura finita addirittura peggio di come era iniziata. Il Capo dello Stato si è trovato a dover individuare le coordinate per la formazione di tre esecutivi, con maggioranze differenti e le tre conseguenti crisi di governo. L’ultima tanto più inspiegabile perché si è consumata nel mezzo di una tempesta perfetta, con l’onda lunga della pandemia, la guerra della Russia contro l’Ucraina, l’inflazione che galoppa. Nelle parole di Mattarella si legge il tentativo di richiamare le forze politiche ad un sussulto di responsabilità. Per portare avanti, nel tempo che ci separa dal voto e dal 13 ottobre, giorno in cui è prevista la convocazione delle nuove Camere, i provvedimenti necessari nell’interesse superiore dell’Italia.
Dando un contributo costruttivo, “pur nell’intensa, e a volte acuta, dialettica della campagna elettorale”. Poiché, ha sottolineato ancora, “il periodo che stiamo attraversando non consente pause”. Si tratta, aggiunge il Presidente, “di interventi indispensabili per contrastare gli effetti della crisi economica e sociale e in particolare dell’aumento dell’inflazione che, causata soprattutto dal costo dell’energia e dei prodotti alimentari, comporta pesanti conseguente per le famiglie e per le imprese”. Una sorta di decalogo per riannodare i fili di quel principio di continuità degli organi supremi che la Costituzione esige non sia mai spezzato nella fase di transizione tra un esecutivo e il successivo.
Le Camere scadute e il Governo oramai dimissionario sono chiamate a svolgere le loro funzioni in regime di prorogatio. Proprio in ragione del fatto che non sono più rappresentative del corpo elettorale, le Assemblee parlamentari devono limitare la loro attività alla sola ordinaria amministrazione. All’interno di tale perimetro rientra il tanto lavoro da fare su tutti i fronti aperti che riguardano l’attuazione, nei tempi concordati, del Piano nazionale di ripresa e resilienza e il dover fronteggiare le emergenze in corso. Nell’agenda governativa predisposta per il disbrigo degli affari correnti trova posto la stesura del decreto Aiuti, un ulteriore decreto per supportare la resistenza degli ucraini. Una scelta, quest’ultima, che mira a ribadire la collocazione geopolitica internazionale dell’Italia atlantista ed europeista. Nell’auspicio che tale posizionamento sia mantenuto saldo anche con il futuro assetto politico.