“Credeva nei giovani. Per le nuove generazioni auspicava preparazione spirituale e culturale”, ha ricordato il vescovo di Faenza-Modigliana. Monsignor Mario Toso si appresta a pubblicare la seconda edizione del libro “Cardinale Achille Silvestrini”. Spiega il presule: “E’ un’opportunità per la nostra Chiesa diocesana per ripartire con slancio. Seguendo la testimonianza di un suo figlio”. Il ministro degli Esteri della Santa Sede era originario della diocesi romagnola. Difficilmente monsignor Achille Silvestrini terminava una telefonata o un colloquio con uno studente senza lasciar cadere lì, quasi en passant, un riferimento ad un libro. O a un articolo di giornale meritevole di attenzione. Era il suo modo lieve, affettuoso e mai impositivo per consigliare una lettura. Un approfondimento. O uno spunto di riflessione. Per tutta la vita si è occupato di ambiti apparentemente lontani. Come la geopolitica vaticana e la formazione dei giovani. In realtà il cardinale Achille Silvestrini applicava in entrambi i ruoli lo stesso metodo: il dialogo. Da ministro degli Esteri è stato protagonista della revisione del Concordato con l’Italia. E della grande stagione della Ostpolitik, la mediazione con i regimi comunisti dell’Europa orientale per tenere in vita le comunità religiose. Da direttore del collegio Villa Nazareth, ha educato generazioni di studenti meritevoli e indigenti. Nel telegramma di cordoglio per la sua nascita al cielo, Papa Francesco ha ricordato il “diplomatico abile e duttile al servizio di sette pontefici. Pastore fedele al Vangelo e attento alle necessità degli altri”. Al ritorno dalle missioni all’estero(Est Europa, Terra Santa, Buenos Aires per le Falklands, Nicaragua, El Salvador, Libano, Siria) si informava subito sui risultati scolastici dei suoi ragazzi. Con i quali il colloquio non si interrompeva mai. Maestro di vita cristiana e padre spirituale per una comunità-cenacolo ispirata al Concilio Vaticano II e fondata sulla “diaconia della cultura e dell’incontro”, aperta agli scambi culturali con atenei stranieri e frequentata da protagonisti della vita pubblica e della cultura. Come Giovanni Agnelli, Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro, Francesco Cossiga, Romano Prodi, Federico Fellini. E ancora Indro Montanelli, Alberto Cavallari, Vittorio Gassman, Igor Man. Uomini di Stato e vertici ecclesiastici riconoscono che in mezzo secolo al servizio della Chiesa e dei giovani ha sempre dato prova di rettitudine e onestà intellettuale. Francesco Rutelli segnala i suoi “storici meriti per le comunità cristiane nel mondo e per lo sviluppo di un’innovativa diplomazia internazionale”. Pastore d’anime e fine diplomatico, è stato il simbolo di un’epoca, di un modo di interpretare il dialogo internazionale. E di affrontare temi complessi come la pace tra i popoli e il contrasto alla proliferazione delle armi atomiche. Ha contribuito a dare spessore ai rapporti Stato-Chiesa. Negoziando gli spazi di collaborazione tra istituzioni civili e religiose in campo formativo, culturale e politico. Amico di Aldo Moro, Giovanni Spadolini e Giulio Andreotti, fu riferimento per il cattolicesimo democratico e per i settori riformisti del Sacro Collegio. Con pacatezza e capacità di intessere relazioni. Alla sua scuola sono cresciute personalità influenti su entrambe le sponde del Tevere come il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin e il premier Giuseppe Conte. Il 30 agosto 2019 si sono svolte nella Basilica vaticana, le esequie del porporato educatore. La Liturgia è stata celebrata dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio Cardinalizio. E al termine, Papa Francesco ha presieduto il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio. Poi in serata a Villa Nazareth di tre generazioni di suoi allievi.