Il Mediterraneo continua ad essere una tomba per i migranti. L’ennesimo naufragio avvenuto ieri ha causato la morte di almeno 41 persone, i quattro sopravvissuti portati in salvo a Lampedusa, tre uomini e una donna, sono originari di Costa d’Avorio e Guinea Konakry. Si tratta di due paesi di quell’Africa Occidentale che rischia di entrare in un’escalation di violenze e caos a seguito del colpo di Stato in Niger.
I militari golpisti del Niger che il 26 luglio hanno deposto il presidente eletto Bazoum hanno provocato una spaccatura nella Comunità economica dei Paesi dell’Africa Occidentale (Ecowas). Mali e Burkina Faso, Paesi anch’essi retti da giunte golpiste, sostengono la giunta che ha preso il potere, mentre il resto degli Stati che compone l’Ecowas minaccia un intervento militare in Niger per riportare l’ordine costituzionale. La cosiddetta striscia del Sahel – già destabilizzata da gruppi islamisti, traffici illegali e rotte migratorie – rischia ora di diventare una polveriera la cui esplosione potrebbe avere ripercussioni su tutto l’ordine mondiale.
Non è un caso in fatti che Stati Uniti ed Europa siano impegnati in una soluzione pacifica della crisi anche se chiedono il ritorno del presidente eletto. Le Chiese dell’Africa Occidentale stanno facendo ogni sforzo per evitare un conflitto fratricida tra africani. Se la situazione dovesse precipitare le ripercussioni sui flussi migratori sarebbero devastanti. Già ora infatti la rotta del Mediterraneo centrale è composta principalmente da migranti dell’Africa Sub Sahariana e in particolare dei popolosi Paesi occidentali. Secondo l’Onu, i migranti del Niger sono proprio tra i più numerosi tra quelli registrati nei centri di detenzione libici. Una crisi su scala internazionale, che coinvolgerebbe un’intera regione del continente africano, è quindi un’eventualità da scongiurare con tutti gli sforzi della diplomazia mondiale. Tra l’altro il clero locale riferisce che la momentanea chiusura di tutte le frontiere del Niger sta causano ulteriori problemi alle persone che tentano la fuga.
La crisi politica in Niger si è tinta anche di toni anti occidentali, i militari golpisti guardano alla Russia e alla Cina e la popolazione che li sostiene nei giorni scorsi ha scandito slogan anti-francesi. Parigi infatti ha mantenuto una politica neo colonialista in Niger dal quale ottiene grandi quantità di uranio per le sue centrali nucleari. Il paradosso è che le invettive antieuropee delle piazze poi sono in contrasto con il sogno di raggiungere il Vecchio Continente coltivato da gran parte dei giovani africani. L’Europa e gli Stati Uniti hanno ora la possibilità di mostrare grande maturità, in primis dimostrando di non lavorare solo per i loro interessi ma per il bene e lo sviluppo di tutta la regione. La Cina sta infatti sostituendo l’Occidente in molte aree dell’Africa nel campo dello sfruttamento delle risorse naturali ma l’Europa può ancora essere un punto di riferimento diplomatico per leader politici, etnici e religiosi dell’Africa Occidentale.
Povertà, estremismo islamico, traffici illeciti e instabilità politica rendono incerto il futuro di milioni di giovani africani. I più capaci e intraprendenti prendono la via delle migrazioni, una fuga che impoverisce ulteriormente l’Africa e che l’Europa non può gestire con adeguate risorse. Voltare le spalle e chiudere le frontiere non offre alcuna soluzione, in un mondo globalizzato le crisi africane si riverberano nel giro di pochi giorni ai confini dell’Europa che, con tutti i suoi difetti, resta l’unico baluardo di solidarietà e diritti umani sulla scena mondiale. L’Europa lasci da parte i piccoli egoismi e le velleità coloniale dei singoli paesi e torni ad essere un partner affidabile per stabilizzare i paesi oltre il deserto del Sahara.