Dio è carità. “Deus caritas est” si intitola la prima lettera enciclica pubblicata da papa Benedetto XVI. A confermare che Dio è amore è stata martedì scorso la benedizione da parte del cardinale Pietro Parolin dell’ampliamento e ristrutturazione della “Casa tra le nuvole di Papa Francesco“. Realizzata grazie alla generosità di Jorge Mario Bergoglio. Qui dal 1999 don Aldo Buonaiuto, gli operatori e i volontari dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII accolgono e condividono la quotidianità delle ragazze liberate dal racket della tratta. Il fondatore don Oreste Benzi ha trasmesso il carisma della condivisione diretta, dell’accoglienza della vita, prima e dopo la nascita. In ogni condizione e circostanza in cui essa è più debole, emarginata, minacciata e bisognosa dell’essenziale. Papa Francesco ha ascoltato il grido di queste figlie andando personalmente ad incontrarle. Aprendo il suo cuore di Pastore universale. Ed insegnando l’importanza della misericordia. Ha ricordato Francesco nella prefazione del libro “Donne crocifisse”, scritto da don Aldo Buonaiuto: “Quando in uno dei Venerdì della Misericordia durante l’Anno Santo Straordinario sono entrato nella casa di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, non pensavo che lì dentro avrei trovato donne così umiliate, affrante, provate. Realmente donne crocifisse”. Nella stanza in cui ha incontrato le ragazze liberate dalla tratta della prostituzione coatta, Jorge Mario Bergoglio spiega di aver “respirato tutto il dolore, l’ingiustizia e l’effetto della sopraffazione. Un’opportunità per rivivere le ferite di Cristo“. Dopo aver ascoltato i racconti commoventi e umanissimi di queste povere donne, alcune delle quali con il bambino in braccio, il Pontefice ha sentito forte il desiderio, quasi l’esigenza di chiedere loro perdono. Per le vere e proprie torture che hanno dovuto sopportare a causa dei “clienti”. Molti dei quali si definiscono cristiani. Una spinta in più a pregare per l’accoglienza delle vittime della tratta della prostituzione forzata e della violenza. Già don Oreste dai primi anni ‘90 scendeva in strada e chiedeva alle giovani donne che incontrava nelle vie della prostituzione coatta: “Quanto soffri?”. Come risposta alla “ingiustizia più antica e odiosa del mondo” la “Casa tra le nuvole Papa Francesco” propone l’amore quale antidoto a questa orrenda schiavitù. La Comunità Papa Giovanni XXIII in diversi decenni di attività ha liberato dalla strada e accolto migliaia di ragazze vittime del racket della prostituzione. Ogni settimana i volontari sono presenti con le loro unità di strada e molti operatori in tutta Italia (e anche all’estero) incontrano le ragazze da liberare. Per la sua coraggiosa testimonianza di impegno e dedizione paterna, anche a rischio della proprio incolumità, il cardinale Parolin ha ringraziato martedì don Aldo Buonaiuto. Il sacerdote di frontiera della comunità, per tanti anni è stato accanto al fondatore don Benzi.
Sulle sue orme soccorre in strada e accoglie le “donne crocifisse” nella casa “Tra Le Nuvole” (ora dedicata a Papa Francesco). Le giovanissime ex-schiave della tratta non possono essere soltanto oggetto di assistenza bensì protagoniste di una società che nel conoscerle, può diventare molto più umana. L’impegno nella liberazione delle donne vittime della tratta ci insegna il valore supremo della libertà. L’esperienza di questo luogo di misericordia e condivisione costituisce un appello alla coscienza individuale e collettiva a non cadere nella tentazione dell’indifferenza. E’ un’esortazione implicita alle istituzioni a tutelare la dignità di giovanissime donne. Costrette a prostituirsi. Rese schiave dalla criminalità organizzata e dai clienti che sfruttano la loro condizione di vulnerabilità. Innocenti da liberare.
Nessuna creatura può essere venduta e sfruttata. Quelle che don Benzi chiamava “sorelline” non vanno lasciate sole. La loro liberazione rafforza anche la nostra libertà interiore. Si tratta di un atto di giustizia nei confronti delle vittime della tratta. Di un grido di aiuto per chiunque possa liberarle dal loro asservimento. La tratta delle donne costrette a prostituirsi è sotto gli occhi di tutti e chiunque possa cooperare per spezzare le loro catene è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità. Nell’Unione europea e nel mondo, la prostituzione è direttamente collegata con la tratta di donne. Oltre il 60 per cento delle donne vittime della tratta sono oggetto di sfruttamento sessuale. I drammatici, quotidiani episodi di cronaca nel Mare Mediterraneo evidenziano una terribile verità. La tratta degli schiavi non è mai cessata. Dalle sue origini a oggi è cambiato solo il sistema per prelevare esseri umani trasformandoli in merce di scambio. Il passaggio di questi disperati nelle mani di criminali nel deserto e poi degli scafisti alimenta un business sconvolgente. Prostituzione, manodopera, vendita di organi rappresentano i profitti di questo nuovo commercio. Sui barconi non arrivano soltanto disperati che scappano dalle tragedie. Ma anche vittime della tratta che le organizzazioni criminali riescono a infiltrare nel mercato della disperazione. La convenzione Onu resa esecutiva in Italia nel 1966 stabilisce che la prostituzione e il male che l’accompagna, vale a dire la tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione, sono incompatibili con la dignità e il valore della persona umana. E mettono in pericolo il benessere dell’individuo, della famiglia e della comunità. La prostituzione è un male in sé. Ed è accompagnata da altri mali, quindi non può mai essere regolamentata o favorita. Come il furto non può essere regolamentato ma va solo rigettato, perché è un male in sé stesso, così anche la prostituzione va respinta. La Carta dei diritti fondamentali della persona umana dell’Ue all’articolo 1 sancisce che la dignità della persona umana è inviolabile e pertanto va tutelata. La dignità della donna è il bene dell’umanità. Le donne sfruttate sono sempre vittime. Appartengono alle categorie vulnerabili e sono in condizioni sociali e economiche sfavorevoli.