La Chiesa universale spalanchi le sue braccia alla diaspora caldea. I più antichi abitanti dell’Iraq sono costretti a lasciare le loro case da una persecuzione mai così spietata. Togliere spazio pubblico ai cristiani per negarne la libertà religiosa. Il cardinale Louis Raphael Sako, patriarca e leader della Chiesa caldea, ha annunciato pubblicamente la sua decisione choc. Quella di ritirarsi dalla sede patriarcale a Baghdad e di trasferirsi a Istanbul. Dove si trova attualmente “in una chiesa, una missione, in uno dei monasteri del Kurdistan iracheno“. La comunicazione è stata fatta in una email inviata alla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre. E pubblicata in arabo sul sito ufficiale del Patriarcato caldeo. Il cardinale reagisce così a “tutti gli eventi fatali”. E alla “campagna deliberata e umiliante» contro di lui negli ultimi giorni. In particolare alla “decisione del presidente di ritirarmi il decreto, che non ha precedenti nella storia dell’Iraq”, ha affermato il patriarca Sako.Un cristiano su sette è perseguitato per la sua fede. Nel mondo trecento milioni di cristiani vivono in un Paese di persecuzione. Insomma, a due millenni dalle catacombe e dalle carneficine di santi al Colosseo e al Foro Romano, i seguaci di Gesù sono ancora il gruppo religioso più sottoposto a violazioni di diritti umani, soprusi e violenze.
Ormai da un decennio, in coincidenza con l’escalation del terrorismo jihadista, in Asia e Africa gli attentati terroristici bagnano di sangue le principali festività del calendario liturgico. “Per la loro sopravvivenza è fondamentale che le comunità cristiane non vengano percepite dalla maggioranza della popolazione come “quinte colonne” dell’Occidente – spiegano in Vaticano – I cristiani, come i caldei in Iraq o i copti in Egitto, sono spesso i più antichi abitanti di quelle terre eppure vengono guardati alla stregua di “stranieri” per la loro appartenenza religiosa”. E infatti le chiese affollate di fedeli vengono colpite alla pari degli hotel che ospitano i turisti occidentali. Mai tanto sangue cristiano in duemila anni. L’ecumenismo del sangue, quindi. Un martirio senza pietà cui sono sottoposte tutte le confessioni cristiane. La Santa Sede ha più volte richiamato il mondo occidentale a prendere coscienza della moderna persecuzione. Per molti in Europa le persecuzioni dei cristiani sono storia antica della Chiesa. E non è ancora entrato nella consapevolezza collettiva come oggi i cristiani rappresentino il gruppo religioso maggiormente perseguitato. Siamo ciechi davanti alla cristianofobia che dilaga. Papa Francesco parla di “ecumenismo del sangue”. Perché a chi uccide un cristiano non interessa in quale chiesa sia stato battezzato o quale tradizione teologica segua. Le persecuzioni ci accompagnano quotidianamente. Il Papa ricorda che il secolo scorso e l’inizio di questo nuovo secolo sono caratterizzati da un numero sempre crescente di cristiani perseguitati nel mondo e da un grande numero di “martiri”. Ossia, persone uccise per la loro fede, il loro impegno nel testimoniare il Vangelo nella carità ai più poveri, sfruttati, oppressi o abbandonati.
Nei Paesi di antica tradizione la Chiesa perde sempre più terreno, mentre in continenti e Stati in cui la fede cristiana è più recente la Chiesa sta crescendo molto. Spesso questa crescita avviene in Paesi in cui non si è ancora giunti alla coscienza e alla pratica della libertà religiosa e in cui la presenza della Chiesa a volte è tollerata. Mentre altre volte fortemente contrastata. In queste situazioni di ostilità la Chiesa diventa testimone più autentica del Vangelo e suscita adesioni più convinte e coraggiose. Il rischio di martirio è più alto, ma nella storia il sangue dei martiri è stato e continua ad essere lievito di nuove e convinte conversioni.In Iraq capo dello Stato, Abdul Latif Rashid, ha scelto di revocare il riconoscimento del Jalal Talabani. Con cui si riconosceva il cardinale come patriarca e leader della Chiesa caldea. E, per questo, responsabile dei beni ecclesiastici. La scelta è stata giustificata sulla base dell’assenza di un riconoscimento costituzionale. “Il ritiro – ha detto Rashid– non pregiudica lo status religioso o giuridico del patriarca Sako”. Per quest’ultimo, invece, quello del presidente è stato un atto “contro la comunità cristiana che ha sofferto molto“. Il cardinale aveva scritto al presidente esortandoli a cambiare la sua decisione, in caso contrario avrebbe presentato una causa legale. La controversia, inoltre, è solo l’ultimo capitolo di una serie di attacchi che hanno colpito la figura più autorevole e rispettata della Chiesa caldea in Iraq. Tanto che nelle scorse settimane si era levata la voce di molti cristiane. Per denunciare una serie di bugie diffuse contro il cardinale.
Il dovere morale di non lasciare soli i Caldei
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