C’è una parola che Cristo usa alla fine del Vangelo di questa domenica, raccontando la parabola del buon samaritano: è “compassione”, cioè patire insieme, non essere indifferenti alle sofferenze, ai problemi del prossimo.
È molto facile confondere il cammino di fede come un perfezionismo, un modo per diventare “bravi e buoni”, migliori degli altri: persone che seguono una legge ma che sono indifferenti ai dolori e ai bisogni dei loro vicini, preoccupati soltanto di salvare loro stessi…
È questo l’atteggiamento del sacerdote e del levita: notano il fratello che ha bisogno, ma è più importante per loro l’osservanza della legge, che gli vieta di fermarsi, che aiutare chi ha bisogno. Quante volte anche noi ci siamo voltati dall’altra parte per non essere disturbati dai problemi del fratello, preoccupati solo di sentirci “a posto”.
Solo il samaritano non esita a soccorrerlo, perché in lui ha più forza l’amore, la compassione. Questo uomo non deve difendere la sua reputazione, non si sente così importante o giusto da ignorare il fratello da aiutare, non crede di essere superiore a chi, in fondo, ha sbagliato percorrendo una strada pericolosa, quella del vizio e del peccato: guarda prima come poterlo aiutare.
Il samaritano è l’immagine di Cristo, dicono i Padri, che con noi non usa la legge ma l’Amore. Scrive infatti Origene: «l’uomo che discendeva rappresenta Adamo, Gerusalemme il paradiso, Gerico il mondo, i briganti le potenze nemiche, il sacerdote la legge, il levita i profeti e il samaritano il Cristo. Le ferite riportate sono la disobbedienza, la cavalcatura il corpo del Signore, il “Pandochium” – cioè l’albergo aperto a tutti coloro che vogliono entrare – raffigura infine la Chiesa».
Solo chi è di Cristo verrà a soccorrerci nelle nostre sofferenze, nel nostro buio esistenziale, nella nostra paura del domani; si interesserà di noi. Nessuno dei bravi cristiani, devoti e “perfetti” nell’osservanza della legge, ci aiuterà nel momento del bisogno.
Il Samaritano che ha preso in carica l’umanità moribonda, Cristo, continua oggi la Sua opera attraverso i cristiani, che hanno la missione di curare l’umanità dolorante: nell’uomo che ancora oggi si china su chi ha sbagliato si fa presente Cristo, che rimane sempre accanto a noi, che viene a curarci le ferite donandoci il Suo perdono.