97 anni fa, il 7 settembre 1925, sulle colline di Rimini nasceva don Oreste Benzi, il sacerdote dalla “tonaca lisa”, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, che Papa Ratzinger definì “infaticabile apostolo della carità” per aver speso tutta la sua vita a favore degli ultimi.
Capì subito la sua vocazione. Era in seconda elementare quando ascoltò la sua maestra parlare di tre figure sempre in ricerca: il pioniere, lo scienziato ed il sacerdote. Tornato a casa disse: “Mamma, mi faccio prete!”. Giovane sacerdote nell’Italia martoriata del dopoguerra, si impegnò da subito a favore dei giovani, cui propone “un incontro simpatico con Cristo”. In quegli anni maturò una fondamentale convinzione. “Noi scoprimmo che è nella pre-adolescenza che si formano i valori che diventano pressoché definitivi – raccontava don Oreste – Allora io vedevo che i ragazzi si incontravano con tanti disvalori e non si incontravano con l’unico valore: Cristo”. Da qui la richiesta al suo Vescovo di dimettersi da altre responsabilità per dedicarsi interamente ai ragazzini in quella fascia di età così delicata.
L’attenzione per i giovani è stata una costante in Don Benzi. La stessa Comunità Giovanni XXIII nacque nel ’68 con un gruppetto di giovani cui proponeva delle vacanze alternative. Don Benzi andava nei grandi istituti dove erano rinchiusi le persone disabili, al tempo chiamati spastici, per portarli ad Alba di Canazei, dove oggi sorge un albergo voluto dal sacerdote. Ogni disabile era accudito da due giovani. Fu un fatto sconvolgente per l’epoca. Giovani disabili per la prima volta giravano liberi sulle alte vette, sugli autobus, sulla funivia. Ci fu la reazione dell’Azienda di soggiorno che temeva una fuga di turisti. Invece fu l’inizio di un nuovo approccio al mondo dell’emarginazione. Non più persone da assistere ma con cui condividere la vita.
Don Benzi ha camminato sempre al fianco degli ultimi in tutta Italia e nei cinque continenti. Il suo modo di relazionarsi era sempre lo stesso sia che parlasse con un senzatetto che con un ministro. Sempre col sorriso. Ha aperto centinaia di case famiglia, comunità terapeutiche per tossicodipendenti, centri diurni per disabili, cooperative sociali per ridare un lavoro dignitoso alle persone svantaggiate, case per l’accoglienza dei senza fissa dimora, delle donne vittima di tratta. Ha sempre lottato contro l’aborto, pregato di fronte agli ospedali. Ha promosso missioni nei paesi poveri. Ha accompagnato i giovani nel servizio civile e volontari per la pace nei paesi in guerra. In tutte queste opere non ebbe mai paura di dare fiducia ai giovani. La maggior parte delle realtà furono aperte da ragazze e ragazzi poco più che ventenni.
Negli ultimi anni lo si incontrava lungo le buie strade della prostituzione per chiedere alle donne che si prostituivano “Do you love Jesus? Ami Gesù?”. A loro proponeva sempre la liberazione immediata, una nuova speranza. Quella che ancora cercano i tanti poveri lungo le strade delle nostre città. Sempre di corsa. In una mano il rosario, nell’altra il cellulare.