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La barbarie di emarginare la disabilità

Papa Francesco la chiama “cultura dello scarto” e avverte che non c’è inclusione senza fraternità. Don Oreste Benzi, che ai disabili ha dedicato la sua vita di infaticabile apostolo della carità, sosteneva che le persone con disabilità sono la potenza di Dio tra noi. Le dichiarazioni orrende di un candidato alle prossime elezioni europee sull’opportunità di introdurre classi scolastiche separate per gli studenti con disabilità suscitano tristezza e sconcerto per l’ignoranza e lo squallore che ricollegano il nostro tempo confuso e tormentato alle epoche più buie dell’ultimo secolo.

Il fondatore della comunità Giovanni XXIII alla quale appartengo iniziò negli anni Cinquanta la propria missione solidale e pastorale lottando per includere le persone diversamente abili in tutti i contesti della società. Lungo decenni di apostolato al servizio dei fragili e degli “invisibili”, don Benzi ha costantemente testimoniato la necessità di andare oltre gli istituti per poter finalmente garantire a questi nostri fratelli e sorelle famiglia, affetti, scuola, lavoro invece di luoghi che li emarginano e li separano dal resto della collettività.

Nessuna persona – ed è bene ripetere il termine persona- può mai essere relegata in un ghetto, in un recinto, in un settore che separa ed esclude. Una mentalità che si abbassa solo a ipotizzare contenitori esclusivi riflette un pensiero disumano e insopportabile. Non possiamo aspettarci che si porti in Europa la ghettizzazione della persona a cui si vorrebbe imporre di lasciare in pace coloro che invece avrebbero il diritto di volare. A quanti la pensano in una maniera così offensiva e crudele vorrei dire che oggi se qualcuno desidera volare potrà davvero farlo solamente insieme agli altri. E non c’è cosa più bella che procedere insieme tenendo l’andatura “dello zoppo, del cieco, della donna incinta e di quella partoriente” come insegna il profeta Geremia.

Quando si feriscono e si umiliano i fragili si ferisce tutta la società. Invece di arrampicarsi sugli specchi e pretendere di avere sempre ragione i politici o sedicenti tali dovrebbero anche loro dare l’esempio nel chiedere scusa e, a volte, anche nel fare un passo indietro se comprendono di non avere la caratura per comunicare correttamente all’opinione pubblica le loro posizioni, proposte, opinioni e visioni del mondo. Non si può ogni volta colpevolizzare i mass media atteggiandosi a vittime incomprese o a comunicatori fraintesi. Purtroppo le vere vittime sono coloro che hanno bisogno di un supplemento di voce, di più aiuto.

Il vero salto di civiltà è mettersi dalla loro parte affinché si sentano ciò che sono realmente: soggetti unici e originali che fanno la storia e verso i quali dobbiamo sempre dimostraci grati perché ciò che ci donano con il loro coraggio, le loro fatiche e sofferenze è infinitamente più di quel che ricevono.

L’abilismo dovrebbe diventare un reato affinché nessuno si possa impunemente permettere di discriminare né direttamente né indirettamente qualunque essere umano. “La nostra Comunità in loro e con loro ha ricevuto un aumento dì grazia, per cui in loro e con loro ha maggiore possibilità di crescita e di testimonianza- sottolineava don Benzi-. Questi nostri fratelli disabili coi quali il Signore ci ha fatto incontrare, sono dono di Lui che se accolto con amore ci salva. Ci dà Infatti la possibilità di rendere visibile il corpo di Cristo che è la Chiesa e di liberarci da noi stessi”.

Alla Giornata mondiale delle persone con disabilità Jorge Mario Bergoglio ha invocato la comunione reciproca. “Non c’è inclusione se essa resta uno slogan, una formula da usare nei discorsi politicamente corretti, una bandiera di cui appropriarsi”, ribadisce il Pontefice. Non c’è inclusione se manca una conversione nelle pratiche della convivenza e delle relazioni. Il magistero della fragilità è un carisma che arricchisce la Chiesa. Lo sguardo di Dio sulle persone che incontrava era intriso di tenerezza e di misericordia soprattutto per coloro che erano più indifesi.

“La comunità adempie la propria missione se trasforma l’indifferenza in prossimità e l’esclusione in appartenenza- puntualizza Papa Francesco-. Non basta difendere i diritti delle persone. Occorre adoperarsi per rispondere anche ai loro bisogni esistenziali, nelle diverse dimensioni, corporea, psichica, sociale e spirituale”. Ogni uomo e ogni donna, in qualsiasi condizione si trovi, è portatore, oltre che di diritti che devono essere riconosciuti e difesi, anche di istanze ancora più profonde, come il bisogno di appartenere, di relazionarsi e di coltivare la vita sociale fino a sperimentarne la pienezza. Invece di precipitare nella logica dell’esclusione occorre garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici e ai luoghi di incontro e apprendimento come appunto le scuole.

E’ un dovere di tutti e di ciascuno rendere accessibili i linguaggi e superare barriere fisiche e pregiudizi affinché ognuno si senta parte di un corpo, con la sua irripetibile personalità. Solo così ogni persona, con i suoi limiti e le sue doti, si sentirà incoraggiata a fare la propria parte per il bene di tutta la società. Il Vangelo racconta la storia di quell’uomo che aveva organizzato la festa per le nozze del figlio. Chiama i servitori e dice: “Andate all’incrocio delle strade e portate tutti”. Ammalati, piccoli, vecchi. Tutti, senza esclusione. Al contrario imboccare la strada dell’esclusione conduce alla barbarie.

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AUTORE

don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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