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Ballare, sballare e morire

“Panta rei”, diceva Eraclito: “Tutto scorre”. Un concetto filosofico – quello dell’impossibilità di fermare il “divenire” – che nei secoli è stato distorto, male interpretato, fino ad arrivare a giustificare l’indifferenza totale rispetto a qualunque evento riguardi l’essere umano. Ce ne accorgiamo soprattutto quando ci troviamo di fronte a gravi fatti di cronaca; l’ultimo dei quali è stato la morte di un ragazzino, Lamberto, uscito per andare a divertirsi in discoteca e stroncato da una pasticca di ecstasy. La droga che si insinua nella vita dei nostri ragazzi come un accessorio che “fa figo”, che ti rende parte di un branco, che ti fa “essere”.

Lamberto non è il primo e non sarà l’ultimo a morire per questo, ma la linea di pensiero generale non è mai mettersi dalla parte dei ragazzi riconoscendoli come vittime. Di solito si passa dal “se l’è cercata”, a “è stata una fatalità”, quasi che impasticcarsi in discoteca sia da annoverare alla voce “consumazione”.

Guai però ad affrontare la questione di petto; qualche lacrima e discorsi di circostanza dei sindaci di turno, salvo poi accorgersi che i loro referenti politici in Parlamento sono gli stessi che spingono per la liberalizzazione delle droghe definite “leggere”, perché – dicono – non uccidono.

Sbagliato. Le droghe sono droghe, e uccidono tutte. A volte la vittima è l’assuntore, come nel caso di Lamberto, altre volte è invece chi ha la sfortuna di incappare sulla strada di chi è sballato, come è accaduto a Ossimo appena pochi mesi fa, quando è stato investito e ucciso un 51enne. La mancanza di lucidità al volante provoca morti innocenti, bersagli anch’essi delle sostanze stupefacenti.

Ecco perché è importantissima la notizia sulla chiusura di 4 mesi del Cocoricò, la discoteca di Rimini dove Lamberto ha vissuto le sue ultime ore. Perché per riflettere bisogna fermarsi, spegnere i decibel, concentrarsi anche sul dolore, se necessario. Per tutti quei ragazzi che la sera pensano a sballare più che ballare, lo stop forzato può diventare un momento per ricordare il loro amico che non c’è più. E riflettere, prima che la ruota dell’incoscienza chiami il loro nome.

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