Attenzione all’idolo della propria comodità

Foto di Sasin Tipchai da Pixabay

Sì, il riposo è importante. Sembra diventare una necessità sempre più impellente, soprattutto perché sembra la condizione necessaria per raggiungere opportunità, aggiungere motivazione e cogliere frutti sempre più meravigliosi. Tutto bene, ma….non è una proposta per tutti. È sempre più evidente che le forme più spettacolari di svago (viaggi e attività attraenti) stanno diventando un indicatore di prestigio nella scala sociale. Non sorprende quindi che chi è coinvolto in questa scalata faccia di tutto per rendere la forma e il luogo delle proprie attività di svago il più impressionante possibile. Allo stesso tempo, c’è un numero crescente di persone che semplicemente non può permettersi di riposare. Non hanno un lavoro vero e proprio, uno stipendio adeguato, o forse devono addirittura affrontare compiti difficili che li limitano pesantemente. E spesso lo fanno in modo nascosto, con discrezione se non vergogna. E forse non hanno più la forza di accettare un “post” sui social media che parla del mondo meraviglioso di un vicino o di un amico.

Sì, la tensione tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è possibile cresce sempre di più oggi. Lo vediamo con sorprendente chiarezza nel Vangelo di questa Domenica. Gesù, il Dio-uomo per così dire, è consapevole dei bisogni e dei limiti dei suoi apostoli. È consapevole dello sforzo che hanno fatto all’inizio della loro missione, della fatica che ne è derivata. Dopotutto, sono solo esseri umani. Comprensibilmente, quindi, ordina loro di riposare. Questo è un grande segno della prudenza e della responsabilità verso i collaboratori, attenzioni oggi sempre più rare, che dovrebbero caratterizzare ogni buon capo. Ma cosa succede? Nonostante la giusta indicazione, vediamo che la realtà, la necessità del momento, sono più forti della raccomandazione teoricamente giusta. E qui si manifesta la pregnanza della divinità del Signore Gesù. Mandando via i discepoli, Egli si mette al lavoro, continuando a servire coloro che lo cercano e hanno bisogno di Lui. Egli stesso rinuncia al suo riposo. Forse perché è Dio? Leggendo altri passi nei Vangeli sappiamo che, essendo anche Gesù veramente umano, si sentiva stanco, dormiva. Questa volta, però, va oltre. È come se si dimenticasse se stesso. La cosa più importante sono coloro che sono venuti da lui nella fede, nella speranza, così oltraggiati, bisognosi.

Che lezione eloquente e attuale per tutti noi che siamo più attenti alla nostra comodità e tranquillità che ai bisogni degli altri. Quante volte sentiamo dire, anche da persone di Chiesa, che è meglio lasciar perdere questa o quella questione, perché è troppo fastidiosa, impegnativa, ecc. L’idolo diventa qui una falsa pace: “occupati di te stesso”, pensa a cosa puoi perdere occupandoti di questo problema. E così sempre più persone si scontrano con il muro dell’indifferenza e della “comodità cristiana e pastorale”. Gesù è inequivocabile.

La compassione per la miseria degli altri è una priorità per lui. Tanto più oggi che diventiamo sempre più immuni alla compassione per rimanere nella nostra comodità. Ma è pienamente possibile farlo se sappiamo che gli altri stanno male e che li abbiamo lasciati soli? È possibile riposare bene sapendo che gli altri, forse nostri vicini, amici, non possono riposare? Che il Signore Gesù, per il quale chi è nel bisogno è sempre il più importante, apra sempre di più il cuore e la sensibilità di chi può fare tanto ma è ostacolato da un eccessivo attaccamento alla propria comodità e tranquillità…