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Attacco di Hamas a Israele: non un atto di guerra, ma la più bieca e vile barbarie

Per fotografare e comprendere l’attacco di Hamas ad Israele, costato la vita ad almeno 900 persone e la libertà ad un numero ancora imprecisato di prigionieri e dispersi, bisogna subito sgombrare il campo da ogni giustificazionismo. Non si tratta di un atto di guerra e meno che mai di un’azione di resistenza armata, qui siamo difronte alla più bieca e vile barbarie, al terrorismo nel senso più stretto del termine.

Porsi degli obiettivi meramente civili, sparare a raffica sulla folla di giovani che fugge, fare irruzione casa per casa per rastrellare persone di ogni età, lanciare una pioggia di centinaia di razzi senza una traiettoria precisa sono azioni prive di una strategia tesa alla vittoria militare ma cariche di una tensione terroristica in grado di annichilire un popolo. Di fatto, l’azione di Hamas, a detta di tutti gli esperti e delle stesse autorità israeliane, non ha precedenti nel quadro dei conflitti che hanno insanguinato il Medio Oriente; in tutte le guerre combattute tra lo Stato Ebraico e i suoi vicini arabi non si era mai assistito ad un così massiccio e diffuso attacco su target civili.

Le immagini che hanno fatto il giro del mondo tolgono il respiro e gettano nell’angoscia chiunque abbia un briciolo di umana pietà. Rapire donne, bambini, anziani ed esporli come prede di una battuta di caccia, mentre la folla li percuote e festeggia con euforia sanguinaria, oltre a provocare dolore e ferite profonde congela qualsiasi tipo di risposta. Infatti il timore per la sorte degli ostaggi al momento sta frenando un attacco di terra dell’esercito ebraico. I governanti israeliani dopo le colpevoli falle nella difesa del territorio non possono permettersi anche la perdita degli innocenti che ora sono nelle mani di Hamas.

Per tutti questi motivi i “se” e “ma” che arrivano da alcuni ambienti culturali Occidentali suonano molto male, tanto quanto la condanna espressa da alcuni Paesi arabi nella sola direzione della risposta delle forze armate di Israele. D’altra parte ad oggi, da molte parti e persino in alcune cancellerie del mondo arabo-musulmano, ancora sopravvive l’idea che, in fondo, Israele è un errore della storia e che non ha alcun diritto ad esistere e quindi a difendersi.

Eppure basterebbe aprire qualsiasi libro sulla storia della Terra Santa per scoprire che la popolazione di religione ebraica è presente ininterrottamente in quelle terre da millenni e che anche durante i secoli di dominazione dei califfi e poi dell’Impero Ottomano vi erano folte comunità di ebrei, in quelli che oggi sono i territori controllati dallo Stato di Israele. Bisogna quindi partire dal riconoscimento sia dello Stato ebraico sia dell’entità statale palestinese per imbastire qualsiasi processo di pace o quanto meno di convivenza non belligerante nella regione.

Proprio se si vogliono riconoscere i sacrosanti diritti di autodeterminazione del popolo palestinese è necessario che la Comunità Internazionale isoli e neutralizzi Hamas che dal 2007 controlla con metodi terroristici la Striscia di Gaza, conquistata con una feroce battaglia che portò alla cacciata dell’Autorità Nazionale Palestinese. Davanti alla follia sanguinaria di Hamas, non tiene quindi nessun discorso “benaltrista” sull’espansione incontrollata degli insediamenti ebraici in Cisgiordania o sul diritto alla continuità territoriale dello Stato palestinese. Le sponde politiche, più o meno dirette, offerte alle milizie islamiste che sabato hanno attaccato Israele non fanno il bene di nessun popolo che vive in Medio Oriente; tanto meno dei palestinesi della Striscia che per colpa del delirio estremista, ora rischiano di ritrovarsi mirino di una valanga di piombo che cadrà sul loro territorio senza fare molte distinzioni.

Bisogna considerare poi che questa nuova fiammata di violenze può avere conseguenze su tutta la regione, come dimostrano gli scambi di artiglieria tra i Libano e il Nord di Israele. Per questo motivo ora dobbiamo pregare e fare il tifo per queste prime iniziative di negoziato per la liberazione degli ostaggi che, secondo le indiscrezioni, sarebbero mediate da Egitto e Bharain. Per salvare un solo soldato Israele nel 2011 liberò oltre mille prigionieri palestinesi detenuti nelle sue carceri. Il valore della vita umana può condurre a compromessi insperati. Il miracolo di un accordo potrebbe aprire lo spiraglio per una de escalation del conflitto anche se le prospettive sono di ben altro tenore visto che lo stesso premier israeliano Benyamin Netanyahu ha dichiarato che la risposta di Israele all’attacco di Hamas da Gaza “cambierà il Medio Oriente”.

Tutto fa pensare che scorrerà ancora molto sangue, di combattenti ma anche di civili innocenti, ma l’iniziativa diplomatica non deve mai venire meno. Nel breve sarà necessario fare ogni sforzo per salvare tutti ostaggi ma nel medio e lungo periodo qualsiasi processo di pace non potrà prescindere dalla liberazione della Palestina dal giogo di Hamas e dall’estremismo islamico.

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