Il Brasile ha perso la pace interna dopo che i brasiliani hanno ottenuto la crescita economica prodigiosa, il rapido assorbimento delle vaste aree di povertà, una crescita demografica importante che ormai l’annovera tra i paesi occidentali più popolosi. I “Carioca” sono diventati anche una potenza riconosciuta e rispettata nel mondo, presente in ogni summit di grande rilevanza economica e politica. Da almeno 20 anni, ha assunto sembianze sempre più distanti da alcuni paesi sudamericani afflitti da inflazione esorbitante, da accentuate instabilità economica e politica. Sicuramente le passate presidenze del presidente rieletto Lula, hanno sensibilmente contribuito a cogliere traguardi ambiziosi del passato. Ma i guai della corruzione nella holding di Stato Petrobas su cui il giudice di Curitiba Sergio Moro aprì una vasta indagine, tirando in ballo lo stesso Presidente con forzature non legali, ha aperto una fase negativa al punto che dopo un periodo di carcerazione di Lula è seguito una tormentata fase di riabilitazione.
Ma intanto Jair Bolsonaro, avendo messo fuorigioco il suo più temibile concorrente più forte di lui nei sondaggi, venne eletto per un mandato, ma non nella ricandidatura di mesi fa che ha riconsegnato la leadership al vecchio Presidente. La presidenza di Bolsonaro, ex militare di estrema destra, è stata condotta con accentuazioni fortemente divisive, ed anche macchiate da sospetti fondati di aver “aiutato” il Giudice Moro nella discutibile inchiesta “Lava jato”. Infatti, vinte le elezioni, lo nominò ministro della giustizia appalesando una discutibile provocazione.
Insomma l’assalto dei fans di Bolsonaro ai danni di importanti istituzioni avvenute nella giornata dell’8 gennaio, sono il frutto velenoso del clima d’odio alimentato, rinfocolati dalla recente campagna elettorale presidenziale, ha spaccato in due il paese. Le accuse della destra fanno leva sulla presunta moralità e sullo sperpero di risorse pubbliche assorbite dalla “bolsa familia”, una sorta di reddito di cittadinanza italiana, mentre i sostenitori del Presidente in carica accusano la destra di fomentare odio e di mirare al colpo di stato con l’ausilio dei ceti più ricchi. In questo contesto ma anche influenzato dal palese Trumpismo di Bolsonaro e bolsonaristi, si è assestato un colpo grave alla Democrazia brasiliana, con gli stessi modi utilizzati 2 anni fa dai sostenitori di Trump nell’assalto al Capitol Hill a ridosso della contestata elezione di Jo Biden.
Credo che i democratici di quei paesi e di ogni parte del mondo debbano considerare con rinnovata attenzione questi inquietanti segni di decadimento nella situazione inedita che stiamo vivendo: la crescente disuguaglianza nei paesi democratici a causa della crescita abnorme di guadagni non redistribuiti e dei poteri delle big tech; la scarsa attitudine al buon funzionamento delle garanzie democratiche e delle istituzioni. Su questi aspetti è necessario saper riprogettare la Democrazia alla luce degli enormi cambiamenti di potere su scala mondiale e dei cambiamenti culturali e tecnologici. Ed infatti i vuoti vistosamente presenti, ci espongono alle offensive e alle infiltrazioni degli stessi paesi retti da autocrazie. Prima il segnale negli USA, ora in Brasile devono metterci in allerta e dirigerci speditamente verso il cambiamento.