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Armida Barelli: donna straordinaria al servizio dell’Università Cattolica

Con vero piacere, quando ormai la beatificazione della Venerabile Armida Barelli è alle porte – la cerimonia si svolgerà a Milano il prossimo 30 aprile – condivido con i lettori di InTerris l’esperienza, per me straordinaria, di Vice Postulatore per la sua causa di beatificazione nella Consulta medica della Congregazione Pro Causis Santorum per una delle tre parti attrici, l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ricordo che le altre due parti attrici nella stessa causa sono state: l’Opera della Regalità e l’Azione Cattolica.

Sono trascorsi ormai molti anni da quando si è verificato l’evento giudicato dalla Consulta Medica inspiegabile dal punto di vista medico e l’iter per giungere alla beatificazione di Armida Barelli, è stato lungo e complesso coinvolgendo nel tempo numerosi attori. Tra questi, mi fa piacere qui ricordare mia moglie Maria Caterina Silveri, Professore Ordinario di Neuropsicologia presso l’Università Cattolica di Milano che, come consulente per le parti attrici, ha valorizzato sia nella sua relazione peritale sia in presenza nel corso della Consulta medica finale, i salienti aspetti dell’evento occorso alla risanata che rendevano la guarigione non spiegabile dalla scienza medica. Una volta approvata dalla Consulta medica, l’iter è poi proseguito, secondo quanto stabilito dalla Chiesa Cattolica, attraverso successivi passaggi fino al decreto del Santo Padre che ha autorizzato la beatificazione.

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Ciò premesso, mi fa piacere qui ricordare e condividere alcuni aspetti personali che mi hanno portato a conoscere ed apprezzare la figura storica di Armida Barelli, che è stata la co-fondatrice insieme a Padre Agostino Gemelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Ricordo che il mio primo contatto con la figura di Armida Barelli, è avvenuto alla fine degli anni ’70, quando mi sono trasferito da Genova a Roma presso l’Università Cattolica e ho letto il suo nome nel Convitto infermieri del Policlinico Gemelli a lei intitolato. Altrettanto onestamente confesso che, leggendo quel nome, non avevo alcuna conoscenza di chi fosse. Solo in anni successivi ho compreso, anche attraverso alcune letture, quale straordinaria donna sia stata e quale il suo preminente ruolo nella fondazione dell’Università Cattolica. Ricordo anche che ha contribuito alla mia conoscenza di Armida Barelli l’opportunità di incontrare e parlare con alcune collaboratrici di Alda Miceli, che è stata una delle figure più vicine ad Armida Barelli e che dopo la morte di questa ne ha proseguito in modo attivo ed efficace l’opera attraverso l’Azione Cattolica e la Gioventù Femminile. Nel corso degli anni, attraverso passaggi e conoscenze successive, ho quindi meglio conosciuto e sempre di più apprezzato questa straordinaria figura a cui la comunità accademica dell’Università Cattolica, e non solo, deve così tanto. Più recentemente ho partecipato alla dedicazione ad Armida Barelli dell’edificio della Postgraduate Medical School dell’Università dei Martiri Ugandesi (UMU) a Kampala in Uganda.

Questa dedicazione è avvenuta su mia proposta, in qualità di Direttore del Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale (CeSI), proposta che è stata prontamente accettata con grande entusiasmo sia dall’ Università Cattolica che dalla Fondazione SPE Salvi, che ha grandemente contribuito al restauro di quell’edificio. Ricordo con vero piacere il giorno della dedicazione avvenuta nel 2014, in cui è stata scoperta una lapide alla presenza del Nunzio Apostolico in Uganda, del Primo Ministro dell’Uganda e dell’Ambasciatore d’Italia, oltreché delle autorità accademiche di UMU. La dedicazione di un edificio universitario in Africa sottende un doppio importante significato. Da un lato, sottolinea e ricorda quella dimensione internazionale, forse non così nota ai più, che ha caratterizzato Armida Barelli la quale, in maniera pionieristica per quegli anni, quasi al termine della sua vita, ha promosso e sviluppato un progetto per le giovani in Cina che dura fino ai giorni nostri. C’è anche un altro non secondario aspetto. Il nome di Armida Barelli dato ad un importante edificio medico vuole valorizzare il ruolo della donna nella società africana e propone in maniera indiretta un modello di promozione ed affrancamento per tutte le donne che spesso vivono in quella realtà situazioni di oggettiva difficoltà.

Per tutte queste ragioni che ho cercato di brevemente ricordare e per la conoscenza a poco a poco acquisita della figura di Armida Barelli, è stato per me un immenso onore quando mi è stato proposto di subentrare come Vice Postulatore per l’Università Cattolica, dando così inizio a quel l’iter che si è concluso positivamente con la beatificazione.

Vorrei ancora ricordare una personale esperienza che giorni or sono ho fatto, partecipando alla presenza del Magnifico Rettore dell’Università Cattolica, Prof. Franco Anelli,  della Prorettrice, Prof.ssa Antonella Sciarrone, dell’Assistente Spirituale Generale, S.E. Mons. Claudio Giuliodori e di altre figure che hanno collaborato all’iter di beatificazione, ad una riunione in Aula Magna a Milano che ha visto la partecipazione di molti studenti, docenti, personale amministrativo e nel corso della quale è stata tratteggiata la figura e l’opera della Barelli. In quell’occasione ho avuto modo di dire (e lo ripeto oggi in questa nota) che quando mi è stato chiesto cosa mi avesse più impressionato in Armida Barelli, la mia risposta è stata: quella di aver sempre tenuto un profilo basso, ma nel contempo aver raggiunto importanti traguardi, senza attribuirsene il merito, lavorando in modo discreto e silenzioso, ma perseverando in maniera determinata per il suo progetto di vita che è stato quello di realizzare l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Con la beatificazione, io credo, la devozione verso Armida Barelli raggiungerà un numero ancor più grande di persone che guarderanno a lei con devozione e rispetto e la invocheranno (come faccio io) non solo nelle loro quotidiane necessità, ma per richiedere la forza di imitarne lo straordinario coraggio e l’indefettibile determinazione.

Prof. Roberto Cauda: