È assolutamente legittima la rabbia di tanti lavoratori che in questi giorni scioperano e protestano sotto le bandiere del sindacato, contro questo strapotere di fondi e multinazionali che comprano le imprese italiane, utilizzano incentivi ed ammortizzatori sociali, sfruttando i marchi e poi decidono di chiudere le aziende come sta accadendo in queste settimane, adducendo motivazioni assolutamente inaccettabili. Non permetteremo che venga calpestata la dignità del lavoro e la vita di centinaia di famiglie. La gran parte delle crisi aziendali tornate alla ribalta dopo lo sblocco parziale dei licenziamenti del 30 giugno hanno ben poco a che fare con l’emergenza Covid.
Le vicende emblematiche della Whirlpool a Napoli, della Giannetti Ruote a Monza, della GKN a Firenze e della Timken a Brescia rappresentano, infatti, la cartina di tornasole di un sistema economico e produttivo in crisi di identità, dove spesso prevale solo la logica del profitto e della speculazione finanziaria, senza alcun rispetto per le persone e complessivamente del nostro Paese. Ecco perché noi pensiamo che sia arrivato davvero il momento di affrontare seriamente il tema di una nuova politica industriale, anche in una logica comunitaria, cambiando in meglio il sistema economico, con regole omogenee, tutele e garanzie per l’occupazione, vincoli e sanzioni pesanti per chi non rispetta gli accordi e non con questa deleteria concorrenza fiscale e del costo del lavoro che si scarica solo sulle persone più deboli.
In questa stagione certamente difficile bisogna far rispettare l’avviso comune dello scorso 29 giugno tra Governo e parti sociali che impegna tutte le aziende ad utilizzare gli strumenti previsti dalla legislazione vigente e dai contratti come gli ammortizzatori sociali, i contratti di solidarietà, intese sulla riduzione dell’orario, prima di avviare qualsiasi processo di risoluzione dei rapporti di lavoro. La Confindustria e le altre associazioni datoriali devono fare di tutto per riportare queste aziende nel tracciato della responsabilità sociale. Allo stesso tempo diciamo al Premier Draghi ed al Governo di mettere in campo ogni strumento per obbligare Whirlpool e tutte le altre aziende a rivedere la scelta di chiudere le fabbriche, attivando subito a Palazzo Chigi il tavolo di monitoraggio che abbiamo istituito sulle crisi aziendali.
Bisogna chiudere entro il mese di luglio la riforma degli ammortizzatori sociali, per non lasciare nessun lavoratore senza protezioni e tutele, a prescindere dalla dimensione dell’azienda e del tipo di contratto, avviando anche la discussione su una vera riforma delle politiche attive e dei centri per l’impiego, definendo piani sociali che puntino sulla formazione e sulla crescita delle competenze, soprattutto digitali. Noi sappiamo che le buone relazioni industriali, una contrattazione aziendale flessibile e moderna, legare il salario alla qualità ed alla maggiore produttività rappresentano certamente un antidoto efficace anche al tema spinoso delle delocalizzazioni. Ma il vero tema rimane la partecipazione.
In Germania i rappresentanti eletti da tutti i lavoratori, iscritti o meno al sindacato, partecipano al board delle grandi e medie imprese, in posizione (quasi) paritaria con gli azionisti, gli shareholders. Anche il lavoro come tale è rappresentato nei consigli di sorveglianza che definiscono le strategie delle imprese, nominano i manager, controllano il loro operato e votano anche contro le ipotesi di delocalizzazioni. Perché non introdurre per legge una forma simile di “democrazia economica” anche in Italia, riconoscendo ai lavoratori una funzione di indirizzo e controllo, di eguale protagonismo nelle scelte delle imprese private, delle multinazionali che investono in Italia, a cominciare dai grandi gruppi a capitale pubblico come Enel, Eni, Telecom, Leonardo, Poste? Oggi dobbiamo cambiare insieme l’impostazione economica e sociale, il modello di crescita e di sviluppo mettendo al centro la qualità e stabilità del lavoro, la dignità della persona, il valore della partecipazione se vogliamo gestire con equità la fase di trasformazione tecnologica ed energetica, ambientale ed industriale.
Come richiama giustamente Papa Francesco: il lavoro e la sostenibilità ambientale devono camminare insieme se vogliamo evitare l’aumento delle diseguaglianze sociali, la povertà, la solitudine delle persone. La partecipazione è lo strumento per affrontare questa sfida globale, per prevenire e comporre anche il conflitto sociale. Sarebbe una rivoluzione economica, sociale ed anche culturale per il nostro paese. In questi anni sono state depositate in Parlamento decine di proposte di legge, anche per cercare di riparare l’errore compiuto di aver privatizzato le grandi aziende pubbliche, senza un disegno di democrazia economica e di strumenti di controllo a garanzia dell’occupazione e di sicurezza dei cittadini. Apriamo una vera fase di dialogo e confronto, di rinnovata concertazione per una grande stagione di mobilitazione collettiva: dal Pnrr ad un forte Patto Sociale per sostenere con la contrattazione, la coesione, la prospettiva di rilancio e ricostruzione del nostro Paese. Insieme tutto ciò è possibile. Su questi argomenti misureremo il vero riformismo del Governo e la volontà delle forze politiche e delle altre parti sociali.
Luigi Sbarra, Segretario Generale Cisl