Categories: Editoriale

Un anno di guerra: chi nega la pace, nega la croce di Cristo

Sessant’anni fa papa Giovanni XXIII scrisse la fondamentale enciclicaPacem in Terris”, pubblicata quando ormai sentiva vicina la morte. E’ un documento di profetica lucidità. Rileggerlo adesso, mentre il cuore dell’Europa è nuovamente scosso dalla brutalità della guerra, è una sferzata biblica di saggezza, realismo, lungimiranza. Parole inequivocabili, dirette all’anima.

“La pace rimane solo suono di parole se non è fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla carità e sulla libertà”. Esattamente le quattro fondamenta della civiltà che vengono minacciate adesso dai bombardamenti e dall’avanzata degli eserciti. “Per costruire la pace bisogna essere capaci di sognare”, insegna Nelson Mandela al quale esattamente trent’anni fu assegnato il premio Nobel proprio per la capacità di superare le barriere dell’odio. Non c’è riconciliazione senza empatia. Chi veste “la divisa di un altro colore” è mio fratello e uccidendolo, sopprimo il soffio d’eternità che mi rende uomo. Domani è un anniversario di sangue per l’umanità intera.

Il 24 febbraio 2022 l’invasione russa dell’Ucraina ci ha precipitati tutti sul baratro di un olocausto nucleare. In dodici mesi centinaia di migliaia di morti e feriti, milioni di sfollati. Su ciascuno di noi è scesa una torbida cappa di angoscia e incertezza. Sant’Agostino raccomandava di uccidere le guerre con la parola anziché gli uomini con le armi. E di conquistare la pace con la pace, non con la guerra. Otto anni fa a Parigi dopo una serie di atroci attentati terroristici, le chiese di riempirono di persone in preghiera. Sarebbe una luce e un esempio per tutto il genere umano se ciò accadesse anche domani. In ginocchio per implorare il dono della pace.

Negare l’urgenza di pacificare l’Ucraina equivale a negare la croce di Cristo. Il sangue innocente delle vittime esige l’immediata fine delle ostilità. A richiedere un impegno senza precedenti della comunità internazionale è la straordinaria gravità di una “terza guerra mondiale a pezzi” che minaccia di allargare a macchia d’olio la metastasi bellica. L’Onu e i grandi della Terra (a cominciare da Usa e Cina) possono e devono fare molto di più. Di ogni omissione e ignavia i potenti di oggi risponderanno alla storia oltreché alla propria coscienza e a Dio. Addolora e sconcerta, poi, che protagonisti dell’escalation di violenza siano due popoli cristiani che, secondo l’espressione di San Paolo, “si mordono e si divorano a vicenda”.

Papa Francesco non si risparmia nel favorire iniziative diplomatiche per un cessate il fuoco che consenta intanto di soccorrere le popolazioni maggiormente colpite. Il successore di Pietro unisce strettamente la geopolitica di pace alla promozione di una cultura di solidarietà e misericordia per arginare l’indifferenza che arma la mano di Caino. L’impegno “no war” di Francesco si fonda innanzi tutto sulle famiglie, chiamate ad una missione educativa primaria ed imprescindibile. E’ tra le mura domestiche che si vivono e si trasmettono i valori dell’amore, della fraternità, della convivenza, dell’attenzione e della cura dell’altro. Lo spirito di condivisione nella famiglia umana è l’unico antidoto al veleno della guerra. Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. “Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio – avverte Jorge Mario Bergoglio -. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra”.

Il fragore delle armi cesserà solo quando si abbandonerà l’istinto di sopraffazione per improntare l’esistenza degli individui e della società alla pietà e alla solidarietà. Gesù crocifisso reca impresso i tratti della bontà, della comprensione e dell’amore di Dio Padre. Dal Golgota scaturisce per tutti e per ciascuno l’impegno a rinnegare l’empietà e la crudeltà del mondo per vivere con sobrietà, giustizia e pietà. Solo chi opera per la pace dimostra di ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio. La spietata volontà di saziare a tutti costi la propria smodata sete di potere si tramuta in autodistruzione perché le macerie cancellano l’effetto di qualunque battaglia. Nessuno vince in un conflitto fratricida.

Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra. “Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza – testimonia papa Francesco -. Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. Non abituiamoci alla guerra, impegniamoci tutti a chiedere a gran voce la pace, dai balconi e per le strade. Chi ha la responsabilità delle nazioni ascolti il grido di pace della gente. E si chieda ‘metteremo fine al genere umano o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?’”.

don Aldo Buonaiuto: Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata