Nel film “I due Papi” viene descritta, tra realtà e fiction, l’amicizia tra Joseph Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio. Inclusa la riflessione interiore del Pontefice dimissionario. Nell’intervista a Televisa Univision, Francesco esprime nuovamente la sua “grande simpatia” per la “bontà” di papa Benedetto XVI . Che si è dimesso nel 2013. E conduce una vita, dice Jorge Mario Bergoglio, di lettura, studio e scrittura a 95 anni. “L’esempio che ci ha dato papa Benedetto è importante” chiarisce Francesco. Specificando che “se vedo che non posso. O che sono di danno. O che sono di disturbo”, allora lascerò. E “spero che la forza del suo esempio mi sia d’aiuto a prendere la decisione”. In riferimento alle dimissioni di Ratzinger del 2013, le prime dopo 600 anni, papa Francesco chiarisce un punto. “L’esperienza è andata piuttosto bene perché è un uomo santo e discreto. E l’ha gestita bene. Ma in futuro le cose dovrebbero essere precisate meglio. O le cose dovrebbero essere rese più chiare”, spiega Bergoglio.
La fazione progressista cercò di contrapporgli la candidatura dell’autorevole e carismatico cardinale gesuita Carlo Maria Martini. Le cui possibilità di elezione erano però diminuite dal morbo di Parkinson che già all’epoca minavano la sua salute. Intanto era entrato in azione il cardinale Tarcisio Bertone, a lungo Segretario dell’Ex Sant’Uffizio. E quindi stretto collaboratore di Joseph Ratzinger nella sua missione in Curia. E il ministro vaticano della Famiglia, Alfonso Lopez Trujillo. Organizzavano colazioni e cene con gli altri conclavisti per sponsorizzare Joseph Ratzinger come successore ideale di Giovanni Paolo II. A svelare come andarono le votazioni nella Cappella Sistina fu, a quattro anni dall’elezione di Benedetto XVI, il diario segreto di uno dei partecipanti al conclave. A pubblicarlo sulla rivista di geopolitica «Limes» fu il vaticanista Lucio Brunelli. Che fece emergere, per la prima volta, la vera storia che portò Benedetto XVI alla guida della Chiesa. Al terzo scrutinio, l’argentino Bergoglio sembrava in grado di bloccarlo. Ma poi lo Spirito Santo soffiò in altra direzione. Nel 2005 su 115 cardinali solo due avevano già partecipato all’elezione di un papa. Uno dei due era Joseph Ratzinger. Della clausura che diede alla Chiesa cattolica il 265° pontefice, il diario segreto del conclavista fece emerge un quadro inedito, più mosso, dell’elezione del cardinale Joseph Ratzinger.
Al terzo scrutinio la minoranza riluttante a votare l’ex prefetto della Fede aveva fatto blocco sul cardinale argentino Jorge Maria Bergoglio. Raggiungendo l’obiettivo dei 40 voti. Troppo pochi per eleggere il primo papa latinoamericano della storia. Ma sufficienti a impedire, in termini astratti, puramente aritmetici, il raggiungimento del tetto minimo dei 77 voti necessari per eleggere il papa (115-40=75). L’esito del conclave, per alcune ore, dopo la terza votazione di martedì mattina, 19 aprile, sembrò ancora aperto. A ognuno dei 115 cardinali elettori, all’inizio di ogni votazione, veniva distribuita non solo la scheda elettorale ma anche un foglio contenente tutti i nomi dei porporati. Quanti lo desideravano avevano così la possibilità di annotare le preferenze.
Sodano, vice decano del sacro collegio e Attilio Nicora, presidente dell’Apsa. la vera sorpresa del primo scrutinio fu il cardinale argentino Bergoglio, ricostruisce Brunelli. Anche lui gesuita, come Martini, sebbene fra i due confratelli non vi sia sempre stata una perfetta sintonia. Negli anni Settanta, al tempo del generalato Arrupe e degli infuocati dibattiti sulla teologia della liberazione, Bergoglio si era dovuto dimettere da provinciale della Compagnia di Gesù. Perché non condivideva la linea “aperturista” dei vertici dell’ordine ignaziano.